Il giudice della Terza sezione Civile del Tribunale di Palermo Giuseppe Rini ha condannato l’azienda sanitaria Villa Sofia Cervello, difesa dall’avvocato Stefano Polizzotto e i medici Giuseppe Peralta, difeso dall’avvocato Giuseppe Giambrone, Giovanni Di Marco, difeso dall’avvocato Nicolò Cassata, Salvatore Battaglia, difeso dall’avvocato Ignazio Mormino e Giovanni Fileccia, Francesco Maria Bondì, difeso dall’avvocato Paola Barbasso Gattuso a risarcire con 850 mila euro i familiari di Maria Grazia Li Vigni che a soli 32 anni è morta il 6 gennaio del 2012 dopo essere stata visitata e dimessa tre volte al pronto soccorso.

I familiari sono stati difesi nella causa civile, e nella causa penale ancora in corso, dall’avvocato Giulio Drago. Per la dottoressa Maria Antonietta Geraci, difesa dall’avvocato Francesco Pepe, il giudice ha respinto al richiesta di risarcimento. Maria Grazia Li Vigni aveva subito un parto cesareo il 5 dicembre del 2011. Per ben tre volte il 13, il 17 e il 26 dicembre del 2011 si era recata al pronto soccorso dell’ospedale Cervello perché stava male. Diceva avere un dolore all’emitorace sinistro”. Sottoposta ad esame Ecografia, Rx torace e TC all’addome e, dopo una consulenza cardiologica e due consulenze pneumologiche, veniva dimessa alle ore 18:10 del giorno successivo con diagnosi di “addensamento polmonare sx”.

Il 6 gennaio 2012 la donna moriva improvvisamente presso il proprio domicilio per cause che, a seguito dell’esame autopsia condotta dai consulenti del pubblico ministero, venivano ricondotte ad un “arresto cardio-respiratorio conseguente a embolia polmonare massiva, con trombi a verosimile partenza dal distretto venoso del piccolo bacino”.

“La sussistenza di una responsabilità dei sanitari in relazione alla morte della giovane – si legge nella sentenza – emerge inequivocabilmente dalle risultanze della consulenza medico-legale”. Per il consulente pochi i dubbi sulle responsabili dei medici che del pronto soccorso e gli specialisti a cui sono state affidate le consulenze. “Il nesso causale con il decesso però si può ravvisare solo rispetto all’accesso del 26 dicembre del 2011 – la paziente si legge nella Ctu del medico Renato Tona  – la paziente presentava segni clinici maggiormente evocativi di un processo tromboembolico che era già in atto e si complicò e aggravò successivamente fino a causare il decesso. In occasione di tale ultimo accesso al Pronto Soccorso vi erano elementi abbastanza significativi che avrebbero dovuto indirizzare quantomeno verso approfondimenti su una possibile tromboembolia polmonare, quali in particolare l’interessamento pleurico e il netto rialzo di D-dimero, che venne interpretato dal cardiologo esclusivamente come un dato legato alla recente gravidanza. Risulta sorprendente che nessuno dei diversi sanitari che ha visitato la signora Li Vigni fra il 26 e il 27 dicembre abbia preso in considerazione l’ipotesi di fatti trombo-embolici che, considerata la storia clinica della paziente, reduce da recente parto cesareo per estrazione di feto morto, era assolutamente plausibile”. Da qui il risarcimento nei confronti del marito, della figlia e del padre della giovane donna che aveva denunciato la morte della madre per un sospetto caso di malasanità.