I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno notificato un provvedimento del gip agli arresti domiciliari a Renata Sciortino, la dipendente di Riscossione Sicilia, già sospesa per un anno dal lavoro, si faceva consegnare soldi in contanti oppure tramite postepay dai contribuenti a cui aveva fatto credere di potere sistemare la situazione debitoria.

Alcune vittime l’hanno denunciata. Si è scoperto che dicevano la verità dai controlli interni eseguiti da Riscossione Sicilia, dalla segnalazione di operazioni sospette partite dalle banche e dai messaggi WhatsApp conservati nella memoria del telefonino della donna.

I contribuenti e la donna si davano appuntamento “all’angolo con via Enrico Albanese, di fronte l’entrata per il pubblico” e Sciortino riceveva i soldi. In alcuni casi, anche migliaia di euro in una sola volta. Altre volte era la stessa dipendente a fare una visita a domicilio al debitore. Tra le vittime anche una congregazione religiosa, esposta con il fisco per oltre 500 mila euro. Anche a loro disse che le cose si sarebbero potute sistemare.

Le indagini dei finanzieri coordinate dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dal sostituto Chiara Capoluongo, sono ancora in corso.

Tra le ipotesi che seguono gli investigatori la possibilità che la donna avesse la passione per il gioco di azzardo, visto che tra gennaio 2008 e agosto 2019 ha eseguito ricariche per undici mila euro su alcune piattaforme di giochi on line.

Oltre alla sospensione alla Sciortino sono stati sequestrati 163.000 euro, quali profitto di peculato e autoriciclaggio.

Dopo ulteriori riscontri eseguiti dai finanzieri, diretti dal colonnello Gianluca Angelini, sono state individuate sette persone raggirate dalla funzionaria infedele e il profitto dei reati ipotizzati è salito a oltre 200.000 euro.

Inoltre, è stato accertato che, dopo la notifica del provvedimento di sequestro disposto dal pm lo scorso mese di febbraio e la sospensione dal servizio, l’indagata ha continuato a fissare appuntamenti con persone che si erano in passato rivolte a lei per avviare pratiche per rottamazione di cartelle esattoriali. Da qui la decisione del gip di aggravare la misura cautelare come richiesto dalla procura.