La rappresentazione rientra nell'iniziativa “Palermo delle donne”

Donne nude per le strade, la “Guerrilla Art” di Xena Zupanic a Palermo (FOTO E VIDEO)

Guerrilla Art a Palermo. Elmetto nero, tutta rossa e ali nere, la performer di origine croata Xena Zupanic, per la prima volta mette in scena a Palermo una vera e propria mostra vivente nell’ambito dell’iniziativa “Palermo delle donne”. La rassegna curata da Stefania Morici prevede un fitto calendario di eventi sino al 9 giugno ed è stata inaugurata a Palazzo dei Normanni.

La ‘guerrilla’ si è mossa dai giardini reali di Palazzo dei Normanni, attraversando corso Vittorio Emanuele e fino a piazza della Vergogna tra lo stupore e la curiosità di passanti e turisti. Zupanic, con un megafono ha recitato un monologo insieme a venti ragazze “sandwich” con indosso pannelli fotografici con immagini di donne nude, realizzate da Olimpia Soheve, alcune delle quali incappucciate dall’artista Max Papeski. Artista, performer e autrice teatrale ma anche artista a tutto tondo: Zupanic ha recitato con grandi registi tra cui Salvatores, Risi e Ferreri; musa di Helmut Newton che l’ha immortalata nei suoi famosi scatti.

“Nella società odierna il corpo ha perso la sua ‘sacralità” e ogni singolo individuo diventa una ‘differenza senza identità’. In un mondo dove regna un capitalismo tecno-nichilista e la convinzione che tutto è comprabile e vendibile, si è portati a considerare la donna come un ‘oggetto debole’, manipolabile – dice Xena Zupanic – La liberazione della donna diventa così una guerriglia quotidiana, indispensabile”.

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Nelle fotografie di Olimpia Soheve non c’è solo il racconto personale e tanto meno l’analisi dell’artista, c’è intera la storia di una generazione di donne “segnate” e coraggiose, giunte stremate al traguardo del benessere ma che vogliono – e possono – ancora sorridere. “Spogliarsi fa paura, specialmente quando la materia stessa di cui si è fatti è oggetto di repressione e giudizio. Le donne di queste foto hanno deciso di mostrarsi esattamente come sono, e usano il loro corpo come arma di rivolta, come strumento di protesta. Rivendicano il loro diritto di esistere. Queste foto vogliono essere oneste, brutali e delicate allo stesso tempo”, dice la fotografa.

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