Cominciano a intravedersi segni di una leggera ripresa anche nell’economia siciliana che cerca di uscire dal fondo in cui è stata cacciata dalla profonda recessione che ha inferto ferite profonde nel tessuto produttivo locale: le cure da somministrare sono urgenti perché altrimenti il rischio che si corre è la stagnazione cronica. Per fortuna, l’economia italiana è ritornata a crescere, sebbene a ritmi al momento anemici, sospinta dal rilancio dell’area Centro – settentrionale.

E’ quanto si evince dall’edizione numero 44 del Report Sicilia, l’analisi previsionale dell’economia siciliana, realizzata da Diste Consulting per Fondazione Curella, illustrata oggi nella sala Carapezza di Palazzo Steri, a Palermo, dal professore Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella, da Alessandro La Monica, presidente del Diste Consulting, che ne hanno discusso con il presidente della Banca Popolare Sant’Angelo Salvatore Vitale, il pro rettore Fabio Mazzola, componenti del comitato scientifico, Giuseppe Ciaccio di Banca d’Italia, il presidente di Confcommercio Palermo Patrizia Di Dio, il segretario regionale della Uil Claudio Barone, il professore Adam Asmundo, Fondazione Res, e con il presidente del Centro Pio La Torre Vito Lo Monaco.

La debole schiarita sul mercato del lavoro rilevata nell’anno sembra assecondare un ulteriore impoverimento dell’industria con il dirottamento di forza lavoro verso settori a bassa produttività e remunerazione. Secondo l’indagine ISTAT, nei primi nove mesi 2015 l’occupazione è aumentata dell’1,9%. La manodopera agricola sarebbe cresciuta in maniera sorprendente (+14,7%) e quella extra agricola in misura moderata (+1,0%). Flessione dell’1,1% per gli occupati dell’industria, prosegue quindi la fase declinante iniziata nel 2006, dopo una pausa nel 2014.

“In base alle nostre stime – afferma Alessandro La Monica, presidente del DISTE Consulting – rispetto al livello massimo degli ultimi venticinque anni, toccato nel 2003, l’industria regionale avrebbe espulso non meno di 35/40.000 addettispazzando via quasi un quarto della forza lavoro. La ripresa dell’occupazione delle costruzioni (+3,1%) ha ridotto pochissimo il cedimento accumulato dal 2008, che resta attorno a 58.000 unità (-39%). Crescono anche gli addetti nel ramo dei servizi (+1,1%), per lo più concentrati nel commercio e in attività alberghiere e di ristorazione”.

Resta quasi immutato il numero dei disoccupati, 372.000, (0,9% su base annua), e il tasso di disoccupazione resta attorno al 22,7%. “Se teniamo conto – aggiunge La Monica – dei residenti che pur non cercando attivamente lavoro sono disponibili a lavorare, cioè oltre 600.000 persone, abbiamo un tasso di mancata partecipazione all’attività lavorativa del 42,1%, quasi tre volte il tasso del Centro/Nord che si attesta al 14,9%)”.

Quanto ai preconsuntivi 2015, il DISTE stima per il prodotto interno lordo regionale una totale stagnazione sui livelli del 2014, quindi un tasso uguale a zero che sospende una recessione durata otto anni (dal 2007 al 2014) e segnata da una flessione annua dell’1,7%. Per il prodotto nazionale si prevede un aumento dello 0,8%. Rispetto al 2007 il crollo del PIL è del 12,4% in Sicilia e dell’8,3% in Italia.

La domanda complessiva è sostanzialmente stagnante il che significa che non siamo usciti dalla recessione. La flessione dei consumi delle famiglie, che durava dal 2008, si sarebbe interrotta portando un insignificante incremento dello 0,1%. Il risultato è dovuto in buona parte alla ripresa degli acquisti di automobili nuove, destinate a sostituire un parco macchine sempre più vecchio: quasi i due terzi delle auto in circolazione ha più di dieci anni d’età.

Sul fronte della produzione, la performance più favorevole è quella dell’agricoltura, con un aumento del 2,6%,che non è sufficiente per incidere significativamente sulle perdite accumulate nel passato. Incremento dello 0,6% nelle costruzioni grazie al risveglio del mercato abitativo e alle ristrutturazioni. Nell’industria l’attività produttiva avrebbe subito un calo dello 0,9%. Dal 2007 si è volatilizzato un quarto della produzione.

L’occupazione – dopo otto anni d’insistenti flessioni – sarebbe cresciuta nella media dell’anno dell’1,4%, con la creazione netta di quasi 20.000 posti di lavoro. Dal 2007 sono scomparsi dalla scena locale oltre 150.000 occupati, il 10,3%. Sul fronte della disoccupazione si espone una trascurabile correzione al ribasso: il tasso relativo scende al 21,7%, conservando un forte distacco dal livello minimo dell’ultimo quarto di secolo toccato nel 2007 (12,6%).

“Per il 2016 si prevede un piccolissimo miglioramento della situazione – spiega il professore Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella – grazie soprattutto al basso prezzo del petrolio, al deprezzamento dell’euro, allo stimolo monetario della Bce. Ma ci sono sempre dei rischi perché continua a serpeggiare insicurezza tra le famiglie e nelle aziende, a questo si aggiungono le turbolenze geopolitiche alimentate dal terrorismo e le pressioni al ribasso dell’inflazione”.

Per il 2016 secondo le previsioni del DISTE, il prodotto interno lordo registrerà un incremento dello 0,7%, a fronte di un +1,4% a scala nazionale. “La cautela continuerà a dominare i comportamenti delle famiglie nei confronti dei consumi, nonostante l’estinzione della tassa sulla prima casa e la stabilità dei prezzi – aggiunge Busetta -. La spesa di consumo non dovrebbe andare oltre lo +0,6%, al contrario degli investimenti, che dovrebbero crescere in modo graduale”. Per macchinari attrezzature e mezzi di trasporto si prevede un incremento del 2,0%, stimolato più che altro dalla necessità di sostituire impianti obsoleti e vecchi veicoli. Per gli investimenti in costruzioni, è atteso il ritorno in territorio positivo (+0,9%) dopo nove anni di contrazioni. Andrà meglio anche per l’industria, in moderato progresso (+1,2%), per l’agricoltura (+2%), le costruzioni + 0,9% e i servizi +0,6%.

“Sul fronte occupazione nel 2016 – afferma Busetta – è previsto un modesto aumento dello 0,8%, circa 10.000 nuovi posti di lavoro, mentre il tasso di disoccupazione subirà un’ulteriore e lieve limatura, scendendo al 21,2%. Finalmente quest’anno si va in territorio positivo. Purtroppo i dati del 2014 dell’Istat documentano che le nostre previsioni erano corrette e siamo convinti che quelle di crescita zero per il 2015 siano anch’esse corrette. Ancora – conclude Busetta – la Sicilia si conferma una regione fanalino di coda che non riesce ad impostare un progetto di sviluppo adeguato . E’ necessario un vero cambio di passo”.

Intervenuti tra gli altri, il presidente di Banca Popolare Sant’Angelo Salvatore Vitale ha sottolineato il contributo scientifico che offre la Fondazione Curella che “in questi anni è stata una delle poche voci importanti a rendere note le esigenze di crescita della nostra Isola”. Inoltre, Vitale ha ribadito come “in agricoltura per esempio manchino piattaforme adeguate per la Grande Distribuzione, fatto questo che ha creato e crea non pochi problemi a tutta l’attività agricola che si articola in diverse zone della Sicilia, come per esempio quella dell’area ragusana”.

“Il quadro è sconfortante come le macerie dopo una guerra – ha detto Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo – ci lecchiamo le ferite che ancora faticano a rimarginarsi. Locali, uffici, capannoni in vendita o da affittare. Le aziende sono lacerate dalla crisi per cui nulla sarà come prima, una “crisi di sistema”, violenta e con effetti profondi. La crisi economica si sta trasformando in crisi sociale. Siamo di fronte al più difficile tornante della storia economica repubblicana, in cui i costi economici e sociali della crisi si sono sommati alla crisi dell’etica pubblica e della politica, per questo è una crisi totale non soltanto economica , ma anche della società, della politica, dei valori.

“Ciò che emerge in questo ultimo periodo – ha proseguito Patrizia Di Dio – è che più che una ripresa vera e propria c’è un “sentiment” delle famiglie e delle imprese più positivo, ma il reddito disponibile netto non è cresciuto, sebbene il numero degli occupati stia aumentando. Non siamo ancora di fronte a un consolidamento della ripresa dei consumi, questa è la verità. Ma solo a un flebile segno di inversione di tendenza – ha continuato Di Dio – che speriamo prosegua anche nel 2016. Rispetto a questa situazione avremmo bisogno di una politica che si assuma la responsabilità del cambiamento con un governo in grado di rispondere all’emergenza economica e di preservare la coesione sociale, anche interpretando il bisogno di cambiamento.

“Ma mentre occorre mettere in campo scelte di ampio respiro per dare impulso alla crescita, all’occupazione, agli investimenti pubblici produttivi – ha aggiunto Patrizia Di Dio – assistiamo allo sconfortante teatrino di un governo regionale e dei suoi sostenitori che ben lungi dall’avere una strategia costruttiva, esprimono una politica sterile, improduttiva, litigiosa e dannosa. Abbiamo una classe dirigente per lo più scadente, non qualificata, non ci sono quindi le condizioni per riacquisire fiducia nella politica. Un’impresa se non è efficiente, chiude o fallisce. In impresa non c’è gestione del potere, ma meritocrazia e risultati sull’efficienza e sulle capacità e competenze o conseguenze negative. Oggi, abbiamo bisogno di segnali positivi, di scossa alla speranza”, ha concluso Patrizia Di Dio.