Gianluca Calì è un imprenditore palermitano che alcuni anni fa denunciò i suoi estorsori che gli avevano incendiato a Casteldaccia alcune delle automobili del suo concessionario.
Era balzato dunque agli onori della cronaca, aveva pubblicato un libro dall’emblematico titolo “Io non pago”, rilasciato interviste alla stampa e alla tv. Insomma, era diventato un personaggio pubblico, nella fattispecie un paladino antimafia.
Dopo quei fatti, Calì aveva denunciato altre presunte minacce mafiose ricevute a Milano. Adesso la Direzione Distrettuale Antimafia ha chiesto e ottenuto dal gip Laura Marchiondelli l’archiviazione di tre denunce fatte nel capoluogo lombardo nel 2015.
Come scrive il Corriere della Sera stamane, il procuratore aggiunto Ilda Boccassini e il pm Paolo Storari hanno valutato che le denunce non avessero “nulla a che fare” con mafia o estorsioni, ma con “fatti di assoluta normalità” raccontati in misura in parte “arricchita e contraddittoria” o in parte “palesemente falsa”, in modo da “ben utilizzare i mass media” per produrre “una costante attenzione” su di sé.
L’imprenditore aveva denunciato il minaccioso abbordaggio ai propri figli e alla loro baby sitter da parte di due misteriosi individui su una Mercedes nera; e l’altrettanto minaccioso sostare muto di individui andati via a bordo di una Subaru.
Calì aveva quindi chiesto di poter godere della norma di legge che sospende le procedure esecutive intentate dai creditori nei confronti delle vittime di racket o intimidazioni mafiose. Ma la Procura di Milano ha espresso parere contrario, anche dopo accertamenti bancari dai quali è risultato che l’imprenditore è peraltro intestatario di vari immobili.
La stessa baby-sitter, sul presunto pedinamento ha peraltro spiegato che “se fosse stato per me non avrei fatto nulla, nel senso che l’episodio non mi aveva destato preoccupazione”. Sul secondo fatto, la targa della vettura è normalmente risultata di un’auto dei carabinieri quel giorno di scorta a Formigoni
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