È stata assolta dal tribunale di Palermo perché il fatto non sussiste l’ex parlamentare di Italia Viva, Giusy Occhionero. La donna era stata rinviata a giudizio nell’ambito dell’inchiesta denominata Passpartout con l’accusa di aver fatto passare il Radicale Antonello Nicosia, poi arrestato per mafia, e allora conosciuto solo telefonicamente, per suo assistente, consentendogli di entrare con lei nelle carceri senza autorizzazione e di avere avuto incontri con i boss. Solo in un secondo momento, dopo tre ispezioni in istituti di pena siciliani, i due avrebbero formalizzato il rapporto di collaborazione. Per la deputata il pm della Dda, Francesca Dessì, aveva chiesto la condanna a un anno e sei mesi per falso.
La donna era accusata di aver fatto passare per suo assistente, consentendogli così di entrare nelle carceri senza permessi e di incontrare diversi capomafia, l’attivista radicale diventato solo in un secondo momento suo collaboratore. Il rapporto contrattuale tra i due venne formalizzato infatti in un secondo momento, quindi per mesi Nicosia venne spacciato per assistente della Occhionero. L’uomo, arrestato per associazione mafiosa e falso, è stato condannato in abbreviato in appello a 15 anni. Dietro alle battaglie sui diritti dei detenuti, nascondeva una vera e propria attività criminale portando all’esterno i messaggi dei capomafia. In una intercettazione aveva definito Matteo Messina Denaro, allora latitante, “il nostro primo ministro”.
L’accusa all’ex parlamentare
Per il giudice, però, il fatto contestato alla deputata non sussiste. Occhionero è stata assistita dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Giovanni Bruno.
La vicenda
Tutto ruota intorno ad An tonello Nicosia. L’uomo, arrestato per associazione mafiosa e falso, ed è stato condannato in abbreviato in appello a 15 anni. Dietro alle battaglie sui diritti dei detenuti, nascondeva, secondo le accuse mossegli, una vera e propria attività criminale portando all’esterno i messaggi dei capomafia. In una intercettazione aveva definito Matteo Messina Denaro, allora latitante, “il nostro primo ministro”.
Il processo
Il processo era stato rinviato proprio ad oggi, 5 maggio, per la sentenza. Oltre a Nicosia, erano stati condannati in appello il boss Accursio Dimino, accusato di essere il nuovo capo della cosca di Sciacca e Paolo e Luigi Ciaccio, accusati di favoreggiamento. Dimino ha avuto 18 anni e 8 mesi, i Ciaccio due anni e 8 mesi. La figura principale del procedimento però era Nicosia, descritto dai magistrati come “pienamente inserito in Cosa nostra”: avrebbe progettato insieme a Dimino, danneggiamenti, estorsioni e omicidi.
E, utilizzando il ruolo di collaboratore parlamentare di Giusy Occhionero, avrebbe incontrato boss detenuti, dato loro consigli affinché non collaborassero con la giustizia e riferito all’esterno i loro messaggi.
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