Ecco l’omelia dell’arcivescovo Corrado Lorefice in occasione del Festino di Santa Rosalia, con la celebrazione in Cattedrale: “Certo, il vascello che portò la peste a Palermo in quel lontano 1624 è ancora tra di noi. È il vascello di morte che ammorba ancora la nostra Città. Il vascello che ancora approda nel nostro porto. Sul suo ponte di coperta ci sono tante icone, dietro le quali possiamo ancora leggere i nostri nomi e vedere i nostri volti. C’è il nome e c’è il volto di una Chiesa che arranca nel seguire la via del suo Signore, tra povertà e persecuzioni (cfr LG 8,3); di una Chiesa, la mia amata Chiesa, che fatica ad
annunciare con fraterna e gioiosa schiettezza il Vangelo.
Il nome della vecchia politica
“C’è il nome e c’è il volto di una politica asfittica, vecchia, una politica – direi prendendo a prestito la frase di un noto filosofo – dell’“eterno ritorno dell’uguale” (Friedrich Nietzsche), una politica – lo abbiamo visto in questi giorni, lo abbiamo respirato in questi mesi – dove non pare esserci riguardo per la disciplina e l’onore della carica pubblica, messe in risalto dalla nostra Costituzione (cfr art. 54). C’è il nome e c’è il volto di una cultura – diffusa nei decenni scorsi e capace di mutare profondamente il nostro Paese – nella quale il successo a tutti i costi, l’apparenza e il denaro sono la sola misura della vita.
Il nome di un’Europa stanca
C’è il nome e c’è il volto di un’Europa stanca, pronta a cedere al nazionalismo, alla barbarie di una difesa dei suoi confini che è solo la premessa del crollo e del fallimento dell’umano e del diritto. C’è il nome e c’è il volto di un’economia crudele, nella quale i ricchi sono sempre di meno e i poveri sempre di più, in una logica dell’ingiustizia che divide gli uomini anche di fronte all’abisso della droga: la cocaina per i ricchi, il crack, che uccide, per i nostri ragazzi. C’è il nome e c’è il volto della mafia, che specula sulla disperazione e approfitta dello smarrimento generale e delle connivenze omertose, per i suoi affari sporchi, che succhiano il sangue del futuro di Palermo.
La peste non è l’ultima parola
Ma la peste, il vascello di questo morbo contagioso, non è l’ultima parola. Oggi come allora. C’è un altro vascello, quello dei migranti, dei senza diritti, che molti vorrebbero rimandare indietro, respingere, se possibile cancellare, e che invece per fortuna continua ad avanzare, con il suo carico di umanità, con i suoi volti e i suoi nomi. Su questo vascello salgono, accanto alle sorelle e ai fratelli migranti, i volontari di Mediterranea e del progetto Cum–Finis, le donne e gli uomini che operano per una politica dal basso, per la rigenerazione dei quartieri, per un’antimafia vera e quotidiana; su questo vascello ci sono le comunità cristiane delle periferie urbane ed esistenziali; come anche gli studenti, i docenti protagonisti della proposta di legge per l’intervento sociosanitario sulle dipendenze; la Caritas diocesana e le Associazioni per la disabilità, impegnate nel Centro diurno per una città inclusiva che non lascia indietro nessuno”,
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