• La storia dei ‘figli di Baida’ divide i nostri lettori
  • Abbandonati alla nascita, sono in cerca delle proprie madri biologiche
  • Adesso vogliono ulteriormente specificare i motivi della loro ricerca

Vi abbiamo parlato due settimane fa dei figli adottivi nati, sino agli anni Settanta, alla Casa Madonna delle Grazie di Baida, un quartiere di Palermo, dove abbiamo realizzato anche un servizio video, con i loro appelli, che vi riproponiamo.
I ‘figli di Baida’, non riconosciuti alla nascita, sono alla ricerca delle proprie madri biologiche.
Per alcuni di loro si tratta di una ricerca che dura da anni, senza esito positivo.

Le carte che non si trovano

Ormai adulti, nati e abbandonati nella casa di accoglienza per ragazze madri gestita dai coniugi Polloni, si trovano oggi a sbattere contro un muro di gomma e nell’impossibilità di avere informazioni utili a rintracciare la propria madre che ufficialmente “non consente di essere nominata”.
L’unico documento dal quale si può evincere il nome della madre biologica è il certificato di assistenza al parto.
Ma nel caso di Baida, dove hanno partorito decine e decine di ragazze molto giovani, provenienti da ogni parte della Sicilia, i certificati di assistenza al parto non si trovano, o meglio, nessuno sa dove siano finiti.
Nella Casa, che dopo la morte dei Polloni è stata a lungo abbandonata e fatiscente, i certificati non sono infatti stati trovati.
La ex Casa Madonna delle Grazie, donata secondo le ultime volontà dei Polloni alla chiesa palermitana, oggi ospita il Centro Giovanni Paolo II.

I ‘figli di Baida’ alla ricerca della verità

I ‘figli di Baida’ abbandonati alla nascita dalle madri e dati in adozione sono davvero tanti.
In occasione della realizzazione del nostro servizio, ne abbiamo incontrato solo una piccola rappresentanza.
Tra loro anche Valeria Leto, solo per citare un nome, nata a Baida il 20 febbraio del 1970, un venerdì sera di pieno inverno. Anche lei cerca la madre ormai da tanto tempo, ma sinora non è riuscita a rintracciarla.
Valeria tuttavia non molla.
Per conoscere l’identità della donna che l’ha partorita ha anche fatto istanza al Tribunale dei Minori, che dopo vane ricerche, ha dovuto chiudere la pratica, perché il nome della madre non è stato trovato.
Le informazioni in possesso di Valeria, registrata alla nascita con il nome fittizio di Valeria Zenobio, sono davvero poche, e tutte ‘carpite’ in seno alla famiglia adottiva, perché i suoi genitori, ormai deceduti, non hanno mai voluto o potuto affrontare l’argomento.
Valeria sa che la donna che l’ha partorita era una studentessa molto giovane, di 15 o 16 anni, figlia di un professionista, forse un avvocato o un notaio. Valeria è certa che sua madre non voleva abbandonarla: a riferirglielo una zia che le ha raccontato delle lacrime della giovane donna in occasione dell’ultimo abbraccio alla bambina che aveva appena messo al mondo.

I nostri lettori si dividono

Il servizio sui nati a Baida, condiviso anche sulla pagina facebook del nostro giornale, ha ricevuto una pioggia di commenti e riflessioni da parte dei nostri lettori. In tantissimi augurano, con emozione, come Vanessa, a questi figli alla ricerca delle proprie origini, di riuscire nel loro intento: “Vi auguro con tutto il cuore di potere ritrovare e riabbracciare le vostre mamme biologiche”, o Piera: “Spero che riuscirete a trovare le vostre origini molto presto, che Dio vi benedica”. Filippa scrive: “Sarebbe più facile se fosse la madre biologica a cercare il figlio, in fondo è lei che sa quando e dove ha partorito, se cinquant’anni fa ha avuto delle difficoltà oggi potrebbe porre rimedio a ciò che le è stato impossibile in illo tempore. Auguro a tutti di trovare riscontro alle vostre ricerche e possiate riappropriarvi delle vostre radici”. O ancora Mariella: “Che storie… e quanta difficoltà per ritrovare le proprie origini. Auguro a queste persone di poter trovare presto le loro mamme e alle loro mamme di avere il coraggio di palesarsi”.
Ma c’è anche chi è di parere opposto e non condivide la motivazione degli appelli dei nati a Baida.
Scrive Angela: “Questi figli adottivi che cercano le madri biologiche, chissà che piacere per i genitori che li hanno allevati”. Salvatore osserva, senza mezzi termini: “Perché cercare chi ti ha abbandonato?”.
Selva usa anche parole dure: “Finirà che parlando sempre e solo del “diritto” di conoscere i genitori biologici, molte donne decideranno di abortire piuttosto che trovarsi poi dopo anni ad essere costrette a incontrare persone nate biologicamente da loro ma che loro non hanno mai voluto. Altrimenti li darebbero in adozione lasciando però i loro nomi”.
Risponde Graziana: “Dai commenti si evince la superficialità di alcune persone. Coloro sono quelle che vedono il mondo o bianco o nero. Purtroppo non è così.
Di mezzo c’ è altro, basta sforzarsi un po’ per capire che esistono tante sfaccettature non siamo tutti uguali ognuno di noi ha la propria identità, la propria dignità aldilà delle situazioni personali.
Anzi io sono solidale con tutti coloro che cercano le proprie origini, è un proprio diritto queste sono persone che meritano rispetto perché alla base gli è stato stravolto il proprio destino.
Per questo io condivido questo post affinché qualcuno si possa riconoscere e ricongiungere al proprio caro indipendentemente dalle motivazioni quelle sono troppo personali”.
Insomma, l’argomento ha suscitato un acceso dibattito. Antonella osserva: “Tutti dovrebbero avere i certificati di nascita con nomi dei veri genitori. Poi sono loro da grandi a decidere se rintracciare le loro origini o meno …..
Con tante scartoffie che bisogna fare x ogni cosa….Su queste storie di vita ….Non si ritrovano….”.
Diego esprime il suo parere, e soprattutto la sua esperienza, sinteticamente: “Io non sono un figlio “adottivo” io sono FIGLIO e basta!!!!!!!”.

“Dare una seconda possibilità”

Valeria Leto sa che non sarà facile trovare la propria madre, e vuole ulteriormente puntualizzare i motivi della ricerca sua e dei figli adottivi.
“Non vogliamo sconvolgere la vita di nessuno – ribadisce – e in particolar modo delle nostre madri biologiche.
Non tutti sanno che una volta firmato il foglio di rinuncia al bambino e consenso all’adozione, le madri non hanno più alcuna informazione a tal proposito.
Non hanno modo di sapere dove i propri figli vanno a finire.
Gli unici che possiamo far qualcosa siamo noi figli adottivi.
Sappiamo bene quale è l’iter e lo seguiamo alla lettera: facciamo istanza al tribunale dei minori che esegue le ricerche. Se trova la madre in vita la stessa viene interpellata, e può decidere di rimuovere o meno l’anonimato. E’ sempre la madre che ha l’ultima parola e può scegliere se incontrare o meno il proprio figlio, con il supporto di assistenti sociali e psicologi.
Non vogliamo imporci nelle vite di chi ci ha partorito arrivando come un uragano.
Noi figli adottivi mettiamo in conto tutto, anche il rifiuto, ma crediamo fortemente che sia giusto dare una seconda possibilità alle nostre mamme, anche se ci hanno abbandonato. Magari non volevano farlo, magari erano talmente giovani che sono stati i loro genitori a decidere, come so che è accaduto per quanto riguarda la mia storia”.
E infine: “Sappiamo bene che i nostri genitori sono coloro che ci hanno cresciuti e amati, ci hanno dato tutto e insegnato a vivere. Io ho adorato i miei genitori, che purtroppo non ci sono più, non metto in dubbio il valore della loro importanza nella mia vita.
Ho avuto due genitori stupendi, non avrei potuto desiderare di meglio ma sto cercando le mie origini e le mie radici, credo di avere il diritto di farlo”.

L’importanza dei dati sanitari

A fianco dei nati a Baida c’è Sabrina Anastasi, referente per la Sicilia del Comitato per il Diritto alle Origini, che aiuta i figli adottivi a rintracciare i genitori biologici. “Non si tratta – spiega – solo di un’esigenza di verità per ‘chiudere il cerchio’ della propria vita. Tra la madre biologica e il figlio non riconosciuto alla nascita i rapporti si interrompono per sempre. La madre non ha nessun modo di sapere dov’è il figlio o quale è il suo nuovo nome. Rintracciare le proprie origini non significa solo ricostruire la storia personale di ognuno. I figli adottivi devono affrontare numerose difficoltà, basti pensare alla mancanza di informazioni circa l’anamnesi familiare, cioè le malattie sofferte o le eventuali cause di morte dei genitori. Molti di loro, di fronte a una domande dei medici in tal senso, restano a bocca aperta e non sanno cosa rispondere, perché nulla sanno di chi li ha concepiti e messi al mondo. Questo è molto grave, ed accade quotidianamente a molti figli adottivi”.

Come contattare la redazione di BlogSicilia

Le mamme che hanno partorito a Baida, e volessero incontrare i propri figli – o comunque chiunque abbia informazioni sulle nascite dei figli adottivi dei quali vi abbiamo parlato, o che voglia raccontare storie legate alla Casa Madonna delle Grazie, o ancora, altri figli nati a Baida che volessero fare un appello – possono contattare la redazione di BlogSicilia scrivendo all’indirizzo e-mail info@blogsicilia.it o telefonando al numero 339 7962041.
A tutti, in particolar modo alle mamme, sono garantiti la massima riservatezza e l’anonimato.
“Non sappiamo – conclude Anastasi – se queste donne si sono rifatte una vita dopo la parentesi di Baida. Magari hanno famiglie alle quali non hanno raccontato nulla per timore o per vergogna.
Non giudichiamo nessuno, vogliamo solo essere di aiuto nelle ricerche di questi figli e probabilmente delle loro madri. Garantiamo il totale rispetto della loro privacy, e le invitiamo a contattare la redazione di BlogSicilia”.