Continua la bufera sulle firme false a 5 stelle in occasione delle elezioni amministrative di Palermo del 2012. Una situazione assai spinosa che ha portato a molteplici fratture interne al movimento, con accuse incrociate.
Per i deputati nazionali grillini l’inchiesta della Procura di Palermo sarebbe stata ispirata da uno dei fondatori di Addiopizzo, Ugo Forello, avvocato, che era candidato per il M5S all’epoca dei fatti contestati.
Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita, che hanno presentato un esposto alla Procura, oltre che all’ordine dei avvocati, sostengono che Forello avrebbe imbeccato i ‘pentiti’ dell’indagine, come la parlamentare regionale Claudia La Rocca. Forello inoltre, avrebbe avuto anche rapporti di conoscenza personale con i pm che indagano, ed in particolare con il procuratore aggiunto Dino Petralia.
Claudia La Rocca, ovviamente chiamata in causa, smentisce tramite un lungo post pubblicato su Facebook, di essere stata, in qualsivoglia modo, manovrata dall’avvocato Fiorello.
Ecco cosa scrive su Facebook: “Delle volte il male è negli occhi di chi guarda. E’ questo quello che ho pensato dopo aver letto l’articolo sul Corriere. Cosa ci sia di sbagliato in un avvocato che consiglia a diversi soggetti tirati in ballo nei servizi sulle “firme false”, di scegliere un’eventuale collaborazione con la magistratura, specificandone lo scrupolo e attenzione nel lavoro, non è dato saperlo… Eppure viene disegnato quasi come un peccato mortale.
In tutto questo, fra le righe, anche la mia facoltà di intendere e di volere viene messa in dubbio, visto che sono stata dipinta come una “pentita manovrata”, quando di fatto ogni mia scelta è stata fatta in autonomia (e ci tengo a precisarlo), lontana da ogni eventuale consiglio e dopo lunghe riflessioni, pensando di fare semplicemente la cosa giusta nei confronti della mia coscienza e per tutto ciò in cui credo. Solo un cieco non vedeva la degenerazione in cui si stava scivolando.
Strano che chi sceglie di collaborare con la giustizia, parlando prima di tutto del proprio coinvolgimento, venga dipinto come “irretito” da chissà quale inverosimile complotto.
Ancora più strano, è essere stata così ingenua al punto da mettere volontariamente in discussione anni di duro lavoro.
Praticamente il mondo al contrario.
Ho raccontato al PM – continua La Rocca – solo ciò che effettivamente ricordavo con estrema onestà intellettuale, non una parola di più né una in meno. Le carte lo dimostreranno. Ho sempre sostenuto che alcune ricostruzioni del servizio delle Iene non corrispondessero pienamente alla realtà, come la strumentalizzazione delle mail, del record delle 13 ore in sede o la storia della riunione dove si sarebbe parlato della ricopiatura delle firme. Motivo per cui non c’è nulla che “sdride” fra le mie mail con la Mannino e la mia intenzione di dire la verità ai magistrati, cosa che non ho mai pensato omettere. Sono anche fermamente convinta che i soggetti che hanno portato alla luce questa storia, dopo quattro anni e mezzo, non l’abbiano fatto di certo per amore della verità , ma probabilmente per mal di pancia passati e per creare caos in vista prossime comunali. In qualsiasi caso nulla cambia la realtà di un fatto avvenuto. Il punto è questo.
Ci sono tanti comportamenti – conclude Claudia La Rocca – in questi giorni che mi hanno lasciata perplessa, ad esempio sono convinta che chi è innocente (e non sono io a deciderlo) ha il solo interesse di collaborare per far archiviare quanto prima la propria posizione, senza chiudersi in silenzi o paventate strategie per allungare il brodo. Forse sarebbe stato più sano affrontare con responsabilità una situazione, invece di provare a “buttarla in caciara”.
Purtroppo sembra essersi perso il senso di ragionevolezza e della realtà. In questo momento surreale per vederci chiaro basterebbe fare ragionamenti semplici, oggettivi e logici.
Avevo pensato di indire una conferenza stampa, ma a questo punto non lo ritengo più necessario, attendo con fiducia l’esito delle indagini, voglio continuare a credere nel lavoro della magistratura”.
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