La Fondazione Federico II, il braccio culturale dell’Assemblea regionale siciliana, si autosostiene dal punto di vista finanziario. Nella Sicilia degli sprechi, reali o presunti, è già questa la notizia. Alla guida della Fondazione dal 2017 c’è Patrizia Monterosso. Inutile girare intorno ai fatti. Alla fine della legislatura, la poltrona di direttore della Fondazione sarà nuovamente in palio.  Quale sarà il metro di giudizio di chi (il consiglio di presidenza dell’Ars) sarà chiamato a scegliere il nuovo manager? Il problema, tuttavia, sembra non sfiorare Monterosso. Al futuro guarda con serenità, poiché sostiene di aver sviluppato un percorso virtuoso per la Fondazione. Che ha acquisito, in questi ultimi cinque anni, una autorevolezza internazionale, prima mai raggiunta.

Fondazione Federico II, “abbiamo lasciato un segno nella cultura in Sicilia”

Il direttore della Fondazione, però, vuole che venga riconosciuto un merito. Che è quello di “avere generato una programmazione che può camminare anche senza di me, perché c’è un ragionamento dietro, un ragionamento che i dipendenti della Fondazione sanno come portare avanti. Ed è bellissimo. Comunque dovesse andare, è importante lasciare un segno, un segno capace di generare economia e cultura per Palermo e per la Sicilia”.

CI autososteniamo e reinvestiamo in programmi ed eventi culturali

Abituata a navigare nelle perigliose ed agitate acque del potere regionale, Monterosso sostiene di avere trasformato la Fondazione, anche sotto il profilo della sostenibilità finanziaria: “noi ci autososteniamo – spiega – il che significa che investiamo nuovamente nelle programmazioni  e negli eventi culturali, Ma tutti i servizi di cui abbiamo bisogno, dalle pulizie alla sicurezza, vengono gestiti direttamente da noi. Ed è giusto che sia così”.

In pratica la Fondazione Federico II non grava più sulle spalle dei contribuenti, si autosostiene. “Certo, va da atto allo Stato e in parte anche alla Regione siciliana, che nel periodo del lockdown, abbiamo ricevuto un sostegno straordinario, così come è avvenuto per altre Fondazioni”.

Proprio nel periodo del lockdown, la Fondazione non è rimasta con le mani in mano. “Ha funzionato il fatto di credere che alla riapertura bisognava avere degli eventi culturali programmati. Non bisogna fermarsi. Mostre come Purification di Bill Viola (conclusa da poco e allestita in Sala Duca di Montalto), ci ha consentito di riprendere una buona percentuale di visite, anche estere”.

 

 

 

Articoli correlati