In migliaia di persone alla Cattedrale di Palermo, per dare l’ultimo saluto al quel guerriero con la barba lunga e bianca, che era Vincenzo Agostino, morto domenica a 87 anni.

Un guerriero lo era da 35 anni, da quel 5 agosto 1989 quando a Villagrazia di Carini cosa nostra gli uccise il figlio Nino, poliziotto di 28 anni e la moglie Ida, 19 anni, incinta di 5 mesi. Una battaglia che Vincenzo aveva portato avanti con un coraggio da leone, al netto di tutta la retorica che si usa in momento come questi, quando un essere umano lascia la vita terrena per andare chissà dove. Agostino era davvero un uomo coraggioso: lo era stato mettendosi contro tutto e tutti, in anni dove era davvero difficile fare quello che fatto lui.

Palermo gli rende omaggio

“Era un guerriero alla ricerca delle verità”, ha detto di lui il nipote, e lo era davvero. Palermo lo ha capito e in migliaia si sono ritrovati dentro e fuori la Cattedrale, per rendere omaggio ad Agostino. Una bara di legno chiaro, coperta da un cuscino di rosse rosse e settembrini e la sua foto con la barba bianca che lo ha accompagnato negli ultimi 35 anni.

Vincenzo – con la moglie Augusta Schiera, scomparsa, nel 2019, ha lottato per conoscere la verità sul duplice omicidio, denunciando da subito depistaggi e “uomini dello stato che dall’interno hanno condannato mio figlio”. Da quel giorno del 1989 Vincenzo non ha più tagliato la barba, lo avrebbe fatto solo a verità raggiunta.

L’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, attraversando la navata prima di iniziare la messa, si è fermato per stringere la mano e porgere un bacio ai familiari di Vincenzo Agostino, tra cui la figlia Flora e i nipoti, seduti in prima fila sul lato sinistro.
La Cattedrale è gremita in ogni ordine di posti: in tanti, gente comune e autorità, sono presenti per rendere l’ultimo saluto al “papà coraggio”, simbolo di ricerca di verità ad ogni costo.

Tra gli altri, si scorgono anche l’ex questore Renato Cortese e il questore Maurizio Vito Calvino, l’avvocato della famiglia Agostino, Fabio Repici, gli ex pm Roberto scarpinato, Gioacchino Natoli e Vittorio Teresi, la procuratrice generale Lia sava, il presidente della Corte di appello Matteo Frasca, l’ex sindaco Leoluca Orlando, il prefetto Massimo Mariani, il presidente del Tribunale Piergiorgio Morosini, l’aggiunto Annamaria Picozzi, la procuratrice dei minori Claudia Caramanna, ex prefetto Isabella Giannola.

 

“Portiamo avanti noi la sua fatica”

“È finita la fatica di Vincenzo. Ora ci è chiesto di assumerla di portarla avanti noi. Il testimone passa a noi. Siamo qui per questo, per continuare a vegliare nella notte. È il modo migliore per dimostrare a tutti voi cari congiunti, e in particolare a voi carissime Flora e Nunzia e a voi nipoti, a te carissimo Nino, la nostra vicinanza e la nostra gratitudine a papà e a nonno Vincenzo. In una città che ha assistito al sacrificio di tanti uomini e donne delle istituzioni, della società civile e della Chiesa palermitana, possa la sua credibile e costante testimonianza continuare ad essere uno sprone nella costruzione di una città degli uomini giusta e solidale, libera dalle ‘strutture di peccato’ mafiose e dalla corruzione e dalla falsità imperante. C’è bisogno di uomini e di donne come Vincenzo e Augusta – ha detto il vescovo Lorefice  durante la sua omelia- “che pregheranno, opereranno ciò che è giusto e attenderanno il tempo di Dio. Che scrutano la storia alla luce di ciò che sperano”.

 

“Verrà il giorno in cui mi taglierò la barba”

Per 35 anni Vincenzo Agostino non ha mai smesso di lottare per ottenere verità e giustizia portando il suo impegno sociale nelle scuole con quella sua lunga barba bianca che imponeva rispetto e scuoteva le anime. Ha continuato senza sosta la sua battaglia fino all’ultimo, chiedendo che venisse fatta luce in particolare sui depistaggi nelle indagini sul duplice omicidio. Una prima verità è arrivata proprio quando è stato condannato Madonia. Agostino aveva assistito a tutte le udienze sia del processo in abbreviato a Madonia sia a quelle col rito ordinario a carico di Gaetano Scotto e Francesco Paolo Rizzuto.

“Si sta avvicinando il giorno in cui potrei tagliare la barba perché si avvia a conclusione anche il procedimento ordinario. In caso di condanna, quel giorno potrò mantenere la promessa che ho fatto sulla tomba di mio figlio – diceva – Intanto, Madonia resta in carcere, io spero che adesso decida di pentirsi e di raccontare tutto quello che sa”. Quel giorno non era arrivato. La corte d’assise si deve ancora pronunciare sulle responsabilità del boss Gaetano Scotto. Agostino ha passato la sua vita incontrando gli studenti e raccontando la storia di suo figlio assassinato a Villagrazia di Carini nella casa di villeggiatura dei genitori. Qualcuno in quelle stesse ore portò via dall’abitazione di Nino Agostino, in via Altofonte, degli appunti che si trovavano nell’armadio. E citando proprio quest’episodio, Vincenzo Agostino ripeteva agli studenti: “La verità della morte di Nino e Ida è dentro lo Stato”.

 

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