“Nessun Cambio è all’ordine del giorno”. Quella che arriva, dopo le indiscrezioni che darebbero fuori dal Governo Regionale Alberto Pierobon, è una netta smentita che viene direttamente da Lorenzo Cesa. “La fiducia a Pierobon è assoluta e la sua riconferma scontata”.

La tensione di ieri sera in vista del vertice di maggioranza di questa mattina è la cartina di tornasole di una situazione complessa. Nonostante i centristi abbiano sempre detto che gli assessori non si cambiano, le voci che avevano investito Bandiera come uscente hanno poi travolto Turano e Pierobon. E così arriva l’intervento.

A Lorenzo Cesa fa eco il coordinatore regionale Decio Terrana che dice dia vere le idee chiare “L’UDC ha preferito a qualsiasi politico un esperto di fama in materia ambientale, per accelerare quel processo riformatore che tanto sta a cuore a Musumeci, nel delicato e strategico settore dei rifiuti e dell’energia. Consolidiamo la posizione di Pierobon le cui scelte tecniche hanno una connotazione politica molto chiara e sono sotto gli occhi di tutti. Il risultato per la Sicilia e i siciliani è la nostra priorità”.

Tutte tattiche pre partita, scaramucce per arrivare al confronto di oggi iniziato una ventina di minuti prima delle 11. Presenti Stefano Candiani di fatto commissario della Lega in Sicilia, Roberto Di Mauro, Decio Terrana per l’Udc, Salvo Pogliese, il sindaco di Catania per Fratelli d’Italia,  Giuseppe Catania, Gino Ioppolo e Saverio Romano oltre naturalmente, al condottiero di Forza Italia e Presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè ultimo ad arrivare nella stanza del vertice come fanno sempre le prime donne.

Ad attendere tutti a Palazzo d’Orleans naturalmente il padrone di casa, l’attuale inquilino del palazzo del potere Nello Musumeci.

Ma gli scenari, adesso, superano tanto la diatriba Bandiera quanto quella su Pierobon, sull’Udc e così via. A dettare al linea è Forza Italia. Dopo che Berlusconi ha blindato gaetano Armao le intenzione di Miccichè vengono meno e adesso le strade sono due: o si cambia tutti, o non si cambia nessuno.

La seconda sembra la via da seguire per evitare che levando il coperchio a questa pentola che bolle tutto trabocchi. Ma nell’ipotesi del “non si cambia niente” restano due o tre alternative visto che comunque c’è da nominare un assessore ai Beni Culturali e da rispondere alla richiesta di ingresso in giunta della Lega che, però, aveva chiesto l’agricoltura. Ma Forza Italia non molla e dunque alla Lega si può offrire i Beni Culturali. Posto che piacerebbe al neo leghista Orazio Ragusa sul quale, però, c’è il veto sempre azzurro. “Sarebbe come premiare il deputato ex forzista per l’abbandono” è il ragionamento.

In questo clima la Lega potrebbe rinunciare ad entrare anche per evitare ulteriori tensioni interne come quelle che hanno portato la formazione a perdere il deputato Bulla rientrato in casa Udc.

Ed ecco che spunta l’ipotesi che non ti aspetti e che farebbe quadrare il cerchio ovvero il ritorno di Giuseppe Milazzo. L’eurodeputato forzista andrebbe ai Beni Culturali tornando al suo orticello elettorale siciliano e lascerebbe il seggio a Bruxelles a Saverio Romano.

L’ipotesi è tutt’altro che peregrina e farebbe andare a posto tutti i pezzi nella scacchiera ma anche se nessuno dice no, non è detto che tutto vada esattamente così

E proprio Romano è il primo ad aprire bocca a vertice in corso per esprimere “gratitudine e apprezzamento nei confronti del presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci e del governo regionale per le iniziative messe in campo da un punto di vista sanitario e logistico-organizzativo per contrastare la diffusione del Covid19“.

ma dopo il dolce arriva l’amaro “Con la stessa onestà intellettuale e con medesimo spirito costruttivo, esprimiamo forti perplessità in merito ad una legge finanziaria approvata e che rischia di trasformarsi in un boomerang, considerato che le misure da essa contemplate sono condizionate alla loro effettiva e sostanziale copertura. Il suggerimento dato riguardava l’opportunità di coprire spese di dubbia necessità, in una congiuntura nella quale non è dato ancora contare il numero effettivo di liquidazioni, fallimenti di attività commerciali e perdite di posti di lavoro.

Rimane inalterato il rammarico per non avere dato spazio e copertura alle proposte avanzate nell’ultima riunione di maggioranza e che sembravano avere riscosso apprezzamento. Riteniamo, fra le altre cose, imprescindibile una norma cogente che imponga alla P.A. di saldare i debiti verso le imprese, verso fornitori e professionisti entro dieci giorni anziché entro i sessanta previsti dalla legge e che comunque spesso sono disattesi se non dilatati dalla pubblica amministrazione (circa 6 miliardi in Sicilia). Lo stesso può dirsi per il fondo di garanzia per i Comuni e quelle amministrazioni in attesa dei trasferimenti delle risorse loro spettanti tenuto conto che non ci si sarebbe trovati dinnanzi a nuovi impegni di spesa per l’Amministrazione e che in tal modo di sarebbe evitato il ricorso all’indebitamento delle imprese nei confronti delle banche”.

Una linea che ritrova alcuni passaggi anche nell’intervento leghista. Candiani, infatti, sottolinea come manchino all’appello nel dibattito i temi inerenti il programma di governo ‘condiviso’ prima ancora delle poltrone. Tutte cose rispetto alle quali bisognerà fare i conti anche col carattere particolare di tutti i protagonisti, Musumeci e Miccichè in testa

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