Sono stanchi di leggere attacchi ad una giovane donna uccisa in modo barbaro e senza pietà. Sono stati in silenzio in questi giorni terribili.

Adesso hanno detto bassa e attaccano quante soprattutto le donne cercano di giustificare l’assassinio con argomenti orribili.

“Adesso basta. Adesso parliamo noi. Ana era una ragazza come tantissime altre. Libera di fare ciò che voleva della propria vita”. A rompere il silenzio, con un lungo post su Facebook, è Monica Di Piazza, la cugina di Ana Di Piazza, la trentenne uccisa dall’amante a Partinico. L’uomo, l’imprenditore Antonino Borgia, ha confessato il delitto. La relazione extraconiugale andava avanti da tempo e Ana, già mamma di un ragazzino di 11 anni, era rimasta incinta.

La tragica notizia ha conquistato l’attenzione dei media ed è stata rilanciata anche sui social. Proprio ai social adesso la cugina, in rappresentanza della famiglia, affida una lunga riflessione, scagliandosi soprattutto contro quelle donne che difendono Borgia.

“Fino a oggi – si legge nel post – la famiglia Di Piazza ha mantenuto un silenzio rispettoso nei confronti di questa immensa tragedia. Abbiamo evitato di rilasciare dichiarazioni, di parlare dell’accaduto e di aggiungere delle parole che a mio parere sarebbero state semplicemente futili davanti a un abominio di questo genere. Adesso però siamo stanchi. Si è parlato di femminicidio, sono state fatte manifestazioni ma a cosa servono ogni anno queste pagliacciate?

Sì, passatemi il termine perché sono solo tali, delle grandissime pagliacciate. A cosa servono quando sono le stesse donne a commettere femminicidio? A cosa serve quando donne dicono determinate cose?”. (Il riferimento è a un commento scritto da una donna in a difesa dell’omicida: “Non ha colpa” ndr).

“Il femminicidio – si legge ancora nel post – non è solo un uomo che uccide una donna. Il femminicidio è anche questo. C’è un immenso dolore che avvolge tutta questa situazione. Ma la cosa più grave è che ormai a prescindere da tutto lei non ci sia più, lei gli occhi non li riaprirà domani mattina convinta che fosse solo un brutto sogno, il bambino che portava in grembo non nascerà mai e il piccolo che ha già 11 anni crescerà senza la madre. Evitate le battutine squallide, i ‘ma lei però’, o la peggior frase che si possa dire ‘si però lei si è cercata questa fine. Abbiate rispetto”.

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