In soccorso della madre sono arrivati i figli

Ha ucciso il marito insieme ai figli ma sui social in tanti l’assolvono

Fa discutere, sui social network e in tutta Italia, la drammatica vicenda che si è consumata ieri a Falsomiele, nella periferia di Palermo dove una donna, Salvatrice Spadaro, insieme ai figli ha raccontato  agli investigatori e al pm Gianluca De Leo che sta coordinando le indagini, anni di vessazioni subite da Pietro Ferrera, il marito della donna, prima che la vicenda si risolvesse nel sangue.

 

Continui soprusi subiti nella villetta in via Falsomiele e al bar in via Giovanni Grasso nel mercato Ballarò a Palermo.

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La scorsa notte, Pietro  Ferrera avrebbe voluto avere un rapporto sessuale con la moglie Salvatrice Spataro. Avrebbe chiamato più volte la donna con insistenza. La donna però,  esasperata, non appena ha visto il marito girato di spalle lo ha colpito con un grosso coltello da cucina.

Ferrera non è morto subito anzi avrebbe cercato di aggredire la moglie.  A questo punto sono intervenuti i figli, Vittorio e Mario di 21 e 29 anni che hanno colpito il padre più volte. Almeno venti le coltellate che il medico legale intervenuto per la prima ispezione sul corpo avrebbe contato. Madre e figli avrebbero sfogato in questo modo orribile anni e anni di soprusi.

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Uno dei due figli ieri aveva parlato nei giorni scorsi con una poliziotta e avrebbe raccontato quello che avevano subito tutti da diversi anni. C’era già un appuntamento per fare presentare la denuncia alla madre. Troppo tardi . Adesso i tre sono accusati di omicidio volontario ma non sarebbe stata data la premeditazione.

E dinanzi a queste notizie di cronaca emerse immediatamente dopo la diffusione della notizia, la rete ed i social network si dividono: da una parte quelli che piangono l’ennesima tragedia della disperazione che deve nascondere, probabilmente, numerose vicende e questioni familiari consumate tutte tra le difficoltà ordinarie di un focolare domestico e quelli che alzano un grido di solidarietà a favore di quella moglie e di quei figli che certamente devono avere  sofferto tanto per arrivare al punto di farsi giustizia da soli.

Ed è così che il processo mediatico sputa le sue sentenze senza approfondire nulla, senza la necessità di documentarsi, senza la voglia di sapere ciò che nasconde una vicenda del tipo di quella che stiamo raccontando in queste righe e senza ricordare ciò che ci sembra invece prioritario e cioè che esiste un limite che non può essere superato in nessun caso, che la giustizia è terza in ogni caso e che nessuna violenza o sopruso potrà mai essere risolto con la stessa moneta.

 

 

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