Antichità e tecnologia termini di un ossimoro conciliabili a Palazzo dei Normanni. L’ultima occasione per declinarli il restauro e la smaterializzazione dei due leoni marmorei risalenti al XII secolo.

Originali restituiti a nuova vita e cloni autorizzati, realizzati dalla start up “Artificial” che attraverso protocolli sofisticati riesce a mappare l’opera d’arte, rispettandola, e a riprodurla su fibra di mais colorata, sono stati sistemati all’interno della stanza di Ruggero.

A presentarli, il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, il direttore della Fondazione Federico II Patrizia Monterosso, lo zoologo e paleoecologo Marco Massetti dell’Università di Firenze e Giorgio Gori, fondatore di Artificial. I due felini sono stati allocati sotto i famosi leoni della decorazione musiva, quasi a farne eco, in una ridondanza simbolica gravida di emozioni.

Intorno agli originali i cloni colorati, fra cui il colore verde Palazzo dei Normanni, nati da magie tecnologiche capaci di mappare il “Dna” dell’opera d’arte.

“Questi leoni – ha detto Miccichè – mi hanno insegnato una cosa importante, cioè che si vede quel che si conosce. Sono di una bellezza singolare, erano qui sotto gli occhi di tutti e in pochi li notavano; quando hai conosciuto la loro storia e il loro significato simbolico ti appaiono in un altro modo. È il motivo per cui dico sempre agli addetti della Fondazione di fornire ai turisti molti elementi conoscitivi così che vedano quante più bellezze possibili del Palazzo”.

Poi, Miccichè ha avanzato un appello alla Sovrintendenza affinchè apponga una protezione al pavimento della stanza di Ruggero e sia consentito l’ingresso ai turisti: “Non potere entrare è un peccato; stare lì, a pochi centimetri dai mosaici, si prova un’emozione indescrivibile. In un anno di gestione della Fondazione abbiamo fatto cose impensabili, dall’apertura del portone principale a mostre ideate qui, alla scoperta di realtà sconosciute all’interno del Palazzo. In tutto questo se ho un merito è avere scelto Patrizia Monterosso”.

Ed è lei, il direttore della Fondazione, l’ispiratrice di accostamenti eretici e progetti innovativi per valorizzare in ogni suo aspetto e potenzialità Palazzo dei Normanni; non ultimo, la lettura e l’interpretazione iconologica di simboli che hanno accompagnato la storia millenaria del sito, quasi macchine del tempo che consentono di svelarne i misteri.

“I leoni – ha spiegato Monterosso – dovevano essere rivitalizzati nella doppia prospettiva, passato e presente. La storia non può essere relegata nell’antichità, che pure va spiegata bene e con competenza, ma rivitalizzata nel presente, sfruttando le tecnologie che la modernità ci mette a disposizione, così che la sua eredità sia fruibile da una platea quanto più vasta di persone”.

Così come spiegato da Massetti, i due leoni potrebbero rappresentare l’unica parte superstite della fontana dell’Aula Verde, menzionata dai cronisti di età normanna, i cui portici ospitano la scena della morte di Guglielmo II nella più antica immagine di Palermo, contenuta in una miniatura del “Liber ad honorem Augusti” di Pietro da Eboli, realizzato a Palermo fra il 1195 ed il 1197. Il foro sulla testa dovrebbe corrispondere ad un cannello che faceva entrare e uscire acqua dalla bocca. Il paragone artistico più evidente è con i celeberrimi 12 leoni della fontana dell’Alhambra di Granada.