“Quasi ogni porto in Italia ha una funzione storica. Una funzione che rivendica e alimenta, su cui si impegna, che è legata al suo posizionamento rispetto ad un raccordo o ad una funzionalità che gli è propria: il traghettamento tra due sponde dell’Italia per esempio”.
Sono le parole di Mario Paolo Mega, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto, che ha aperto la seconda sessione della seconda giornata del “MedCom Forum sui Trasporti 2020”, a Palazzo Chiaramonte Steri di Palermo. Quale sviluppo per il Sistema Portuale del Mediterraneo? L’Italia è al di fuori di uno scenario nazionale ed enormemente dinamico. Il Mar Mediterraneo è un solo un transito di migranti?
A queste domande hanno risposto Pasqualino Monti, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale, Pietro Spirito, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, Andrea Annunziata, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Orientale, Roberto Isidori, Direttore Marittimo Sicilia Occidentale e Comandante della Capitaneria di Porto di Palermo. A concludere i lavori della sessione moderata dal direttore di Blog Sicilia, Manlio Viola, è l’assessore regionale delle Infrastrutture e della Mobilità Marco Falcone.
“Io vedo diversi problemi nel nostro paese. A livello nazionale non abbiamo idea di cosa significhi investire in un settore che ha un’alta potenzialità di crescita. Il nostro Paese deve comprendere gli elementi sui quali puntare e investire”, dichiara Pasqualino Monti. “Le autorità per costruire le infrastrutture fanno riferimento ad un codice degli appalti che andrebbe bene nel 1700. Per regolare il mercato fanno riferimento da 25 anni ad un regolamento delle concessioni su cui si sta discutendo adesso e di una Legge entrata in vigore nel 1992. Tutto questo è unito alle difficoltà di un mercato assolutamente dinamico. Relazionarsi con miriadi di Ministeri, che non si fermano soltanto a quello delle Infrastrutture. Il nodo centrale è la burocrazia. La mancanza di rispondere in maniera immediata ad un mercato dinamico. Cosa vogliamo fare in questo paese? Se vogliamo crescere dobbiamo semplificare le procedure, a maggior ragione nei meandri dello Stato che possano dare un contributo immediato in termini di crescita di prodotto interno lordo. Nel momento in cui dobbiamo sferrare l’attacco occorre non parlare più di singola unità di trasporto né di una pluralità ma bensì di una intermodalità di trasporto. Occorre disegnare un piano industriale del sistema Paese. Solo così i segnali di un 4% di PIL diverrebbero più forti. Occorre disegnare un piano industriale e avere un’unica voce”.
“Siamo al Centro del Mediterraneo. Cagliari, Napoli, Palermo, Malta sono tutte città che affermano di essere al centro del Mediterraneo. Non può più reggere questa affermazione, siamo in presenza di un Mediterraneo policentrico. Una policentricità complessa se consideriamo i grandi hub cinesi, i forti investitori del Nord Africa, attori che stanno generando una fortissima competitività nel Mediterraneo. Secondo tema è il mancato dialogo con l’Europa”, spiega Pietro Spirito, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale. “Il Nord non ha competizione perché non si confronta immediatamente con quello che sta accadendo nel Mediterraneo. Alle sue spalle c’è il sistema industriale dell’Europa. Nel Mediterraneo c’è il 25% del traffico mondiale. Questo dato l’Europa non lo tiene in considerazione. La Cina ci fa vedere una rete di trasporti, allo stesso tempo realizza i propri prodotti, il cablaggio dell’Africa. Fatti destinati a modificare profondamente la struttura competitiva del mondo. Il nostro Mezzogiorno ha un basso grado di industrializzazione e un bassissimo grado di internazionalizzazione. Poca industria, e poco esportata. Che rapporto creiamo con i porti se non abbiamo l’industria? Abbiamo bisogno di un’industria che esporta quindi di merce da importare generando un rapporto virtuoso con i porti. Se si parla di porti, si deve parlare di industria. Per quel che riguarda le Zes, ad esempio, che aveva come compito da un lato quello di dare incentivi agli imprenditori e dall’altro semplificare, prevede 32 procedure per completare l’iter. In Europa ne occorre una sola. Dobbiamo decidere una strategia di Paese che non può essere relegata alle singole entità. L’Italia ha un drammatico atteggiamento di campanilismo logistico. In questi ultimi anni non è vero che non abbiamo ottenuto risultati, li abbiamo ottenuti ma in modo frammentato. Dobbiamo difendere ciò che serve anche in una battaglia con l’Europa. Si parla di semplificazione amministrativa da decenni, e da decenni facciamo sempre peggio”, conclude.
“La Sicilia mette a disposizione dell’Europa un sistema militare ormai spostato nel Meridione. La Sicilia in termini di solidarietà dà un grande contributo. Gli imprenditori siciliani, italiani e stranieri prima del vantaggio fiscale chiedono una certezza progettuale. Quali sono gli obiettivi per i porti italiani? Quali per i porti del Sud? Noi abbiamo una nostra economia del Sud del Mediterraneo. Se abbiamo le strutture adeguate avremo la nostra economia, l’economia della Sicilia”, spiega Andrea Annunziata. “La possibilità di sviluppo, come la chiama l’assessore regionale all’Economia Gaetano Armao, è un vantaggio. Dobbiamo però pensare ai tempi. I nostri imprenditori, i nostri giovani hanno lavorato in ambienti difficilissimi in questi anni, eppure abbiamo sopravvissuto. Si parla dello 0,3% di PIL nella situazione più rosea. Guardiamo al sistema Genova per migliorarci”, conclude.
Il Mar Mediterraneo è solo un transito di migranti? “Mediterraneo continente liquido che unisce”. Prende la parola Roberto Isidori, citando il sindaco di Palermo Leoluca Orlando. “Il Mediterraneo è stato per molti secoli il fulcro della civiltà mondiale, e deve continuare ad esserlo. Nel Mediterraneo c’è un volume di traffici molto importante. Sul Mediterraneo si affaccia un continente in grande sviluppo. Tutti i parametri del trasporto marittimo sono in continua crescita: l’economia del mare vale nel 2018 il 2% del PIL nazionale. In base ai dati di Eurostat nel 2018 in mare ha viaggiato il 79% delle merci italiane importate nel mondo in volume e questa percentuale sale al 96% considerando i paesi extra UE. La crescita in tonnellate trasportata nel 2018 è stata del 3%. Tra il 2019 e il 2023 è presumibile che il commercio marittimo salirà notevolmente di livello”.
Quali soluzioni? “Manca una visione complessiva. Un’occasione potrebbe essere la prossima programmazione comunitaria 2021/2027. Dobbiamo fare auspicio sulla politica nazionale, i governatori delle regioni che in questa nuova programmazione saranno protagonisti per l’utilizzo dei fondi”, risponde Mario Paolo Mega, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto. “Io chiedo una maggiore attenzione rispetto a dei programmi di sviluppo che le regioni meridionali devono visionare per beneficiarne. Abbiamo visto troppe volte finanziare con fondi destinati al Mezzogiorno, progetti di livello nazionale. Risorse che devono restare nel Sud. Obiettivo è lo sviluppo. Non bisogna scambiare gli obiettivi con gli strumenti. La Blu Economy, le ZES, l’Economia circolare, la decarbonizzazione sono strumenti per rendere possibili interventi di sviluppo o infrastrutturali. Abbiamo bisogno di una strategia comune”. La seconda soluzione viene fornita da Pasqualino Monti: “Riscrivere la normativa di riferimento. Per portarla in Parlamento. Secondo punto: scrivere quello che vogliamo fare in questo paese”. “Dare continuità amministrativa e far partecipare le regioni ai tavoli tecnici”, è la soluzione di Pietro Spirito.
“Qual è l’idea che abbiamo per la Sicilia?”, afferma l’assessore Falcone. “Negli scambi, nella logistica, nel trasporto e nel trasferimento di economia. Verso quale economia vogliamo indirizzare la nostra Regione? L’economia passa dalle infrastrutture. Da Catania a Genova, da Palermo ad altri porti, stiamo alleggerendo le nostre strade e il nostro ambiente dall’inquinamento. Un Governo attento deve guardare al sistema portuale, dobbiamo capire come fare arrivare i nostri mezzi in altre realtà. Il Ponte sullo Stretto può fare uscire la Sicilia dalla condizione di insularità. Una situazione divenuta una penalizzazione insostenibile. Se non vi è collegamento, a proposito di alta velocità, da Nord a Sud, in un continuum territoriale non si riuscirà ad arrivare a mettere in campo un trasporto logistico e di passeggeri. L’Italia è lo Stato in cui non si può far niente rispetto alla Cina dove un ospedale si fa nel giro di qualche settimana. La scienza e tutto ciò che è progresso porta arricchimento riuscendo a salvaguardare allo stesso tempo il nostro ambiente. Se c’è un investimento che avrà una ricaduta economica di ricchezza per il territorio, non possiamo bloccarlo. Abbiamo pensato ad un convegno di due giorni sulla Sicilia, tra sei mesi: com’è stata e come sarà nel prossimo quinquennio. Vogliamo mettere a regime tutte le realtà infrastrutturali della Sicilia, le Istituzioni devono interagire tra loro per raggiungere una pianificazione. Questa è la nostra idea. Un’idea comune. Così facciamo ripartire la Sicilia”.
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