È rimasto ucciso negli attentati all’aeroporto di Kabul dove era tornato per prendere e portare a Caltanissetta la moglie e il figlio. Ibrar aveva 28 anni, era tornato in Afghanistan per le pratiche di ricongiungimento familiare. “Abbiamo avuto la notizia da un mediatore che lavora per noi – dice Calogero Santoro presidente dell’associazione Girasoli che gestisce un centro per immigrati a Caltanissetta – Ibrar ha attraversato le nostre vite e voleva tornare qui per proseguire la sua vita a Caltanissetta. Uno dei tanti giovani che fugge dalla miseria e cerca in occidente una nuova possibilità per vivere un’esistenza più dignitosa e con un futuro. Sognava di aprire un autolavaggio”.

Il giovane era arrivato a 19 anni dopo un viaggio difficilissimo seguendo la pista balcanica. Era sbarcato a Crotone e poi portato a Caltanissetta città al centro della Sicilia dove c’è una comunità afgana consistente. “Era un ragazzo timido e gentile, amava studiare e amava l’Italia – dice il presidente dell’associazione – Ricordo ancora quando arrivò senza niente al nostro centro, dieci anni fa. Non parlava una parola d’italiano, poi col tempo ha cominciato a impararlo, si applicava, studiava molto, amava leggere libri scolastici. Come Ibrar ce ne sono tantissimi che hanno tutti i documenti in regola per avere i visti necessari per i ricongiungimenti. Il governo italiano non può fare finta di nulla. Noi adesso stiamo cercando di fare la nostra parte e stiamo raccogliendo dei soldi per assistere la moglie e il figlio del giovane rimasto ucciso nell’attentato per dare un futuro ai suoi cari. Lui non tornerà ma almeno cerchiamo di dare una mano a chi è rimasto e dovrà affrontare momenti terribili in Afghanistan”.

Lui si sentiva italiano d’adozione. Amava Caltanissetta. Era affascinato dal castello medievale “U’ cannuni” di Mazzarino. Un giorno si arrampicò fin sopra il castello attraverso le scalette interne, poi si affacciò dalla cima per osservare la bellissima valle sottostante, respirando come un senso di libertà.

«Era scappato dall’Afghanistan in cerca di una vita più serena, anche se in quel periodo i talebani non erano al governo, sosteneva che nel suo Paese non c’era sufficiente emancipazione». Sognava l’Europa, come tanti della sua generazione, come gli altri cinquanta afghani che tutt’oggi vivono a Caltanissetta.

Era cresciuto insieme a loro, che adesso piangono la sua scomparsa e, insieme all’associazione I Girasoli, stanno organizzando una colletta per mandare soldi alla famiglia rimasta in Afghanistan. Ibrar era molto attivo sul fronte sociale. Era consapevole delle difficoltà dei migranti, e per questo aveva scelto di partecipare al Meeting antirazzista di Cecina dell’Arci nel corso della sua permanenza in Italia. Negli incontri del Meeting aveva raccontato la sua esperienza. Insieme ad altri rifugiati de I Girasoli, era partito in treno verso la Toscana. C’è una foto che li immortala alla stazione di Cecina.

E ci sono altre foto che lo ritraggono intento a studiare. Oggi restano soltanto le foto, testimonianza incorporea di una vita troppo breve. Dopo anni in Italia, Ibrar era partito per Londra negli ultimi tempi, dove faceva lavori saltuari che gli avrebbero permesso di aprire un autolavaggio a Caltanissetta. Sembrava un sogno per lui, adesso quel sogno è diventato l’incubo di sua moglie e del figlio piccolo, che vivranno senza di lui.

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