Quanto è davvero digitale la Sicilia? Se fino a pochi anni fa l’isola sembrava arrancare nella corsa all’innovazione, oggi i dati raccontano una storia diversa.

Il report ICity Rank 2025, presentato da FPA del gruppo Digital360 al FORUM PA Città, evidenzia un netto miglioramento nella trasformazione digitale dei comuni capoluogo italiani e Palermo è tra i protagonisti di questo salto in avanti.

Con 73 punti di media, il capoluogo siciliano rientra tra le 30 città “altamente digitali”, subito sotto le 16 “full digital” come Milano, Firenze e Bologna. Un risultato che riflette l’impatto positivo del PNRR e una strategia di lungo periodo che inizia a dare frutti concreti.

Palermo sale di livello: digitalizzazione in crescita

La ricerca ICity Rank valuta i 108 capoluoghi italiani sulla base di tre indici: Amministrazioni digitali, Comuni aperti e Città connesse, costruiti su 34 indicatori e oltre 200 variabili. Palermo si distingue in particolare nell’indice “Comuni Aperti”, dove ottiene 73 punti, posizionandosi al 20° posto nazionale.

Lo stesso punteggio vale anche nell’indice “Città Connesse”, segno che l’amministrazione ha investito tanto nella digitalizzazione dei servizi urbani quanto nella comunicazione e trasparenza online. In particolare, a fare la differenza sono stati l’ampliamento dei servizi digitali disponibili sul sito istituzionale; l’uso crescente di piattaforme nazionali come PagoPA e SPID, una migliore presenza sui social e l’adozione di app dedicate alla cittadinanza.

Seguono Messina e Catania, ma la Sicilia resta divisa

Messina accompagna Palermo nel gruppo delle città “altamente digitali”, grazie a un punteggio medio elevato nei tre indici. Si distingue nell’ambito delle Amministrazioni digitali, dove entra persino nella top ten nazionale, al nono posto con città come Milano, Modena e Brescia.

Catania, invece, è inserita tra i 46 comuni “in transizione”, ma mostra segnali incoraggianti, soprattutto nell’indice “Comuni Aperti” con 61 punti.

La situazione cambia però radicalmente negli altri capoluoghi siciliani. Enna si attesta intorno ai 46 punti. A seguire Caltanissetta con 40 punti, Siracusa con 39 punti, Ragusa con 35 punti. Tra le città con i livelli più bassi di digitalizzazione ci sono Trapani con 29 punti e Agrigento con 31 punti.

Il quadro complessivo evidenzia un forte divario interno alla regione, con Palermo, Messina e Catania che spingono sull’innovazione, mentre altre città restano “ibride” tra analogico e digitale”, come le definisce il rapporto FPA.

“Città cognitive”: il futuro dell’innovazione urbana

Nel 2025, le città italiane registrano un netto aumento dei punteggi medi, con ben 96 comuni nelle fasce medio-alte degli indici, rispetto ai 60 del 2023. Le “full digital” passano da 8 a 16. Tuttavia, le differenze geografiche restano marcate: il punteggio medio è 69,9 al Nord e solo 54 al Sud.

I progetti finanziati dal PNRR hanno avuto un impatto significativo, soprattutto per l’adozione di piattaforme digitali, il potenziamento della connettività urbana e la digitalizzazione dei servizi anagrafici, scolastici e di mobilità.

Il passo successivo, secondo FPA, quello di abbandonare l’idea di smart city come mera somma di tecnologie. Le città devono diventare ecosistemi intelligenti, capaci di elaborare dati, prevedere esigenze e suggerire soluzioni ai decisori pubblici.

L’Amministratore Delegato di FPA, Gianni Dominici, ha sottolineato in proposito: “ICity Rank 2025 evidenzia un positivo miglioramento nel livello medio di digitalizzazione delle città italiane, anche grazie agli effetti dei progetti PNRR che stanno per concludersi. Attraverso uno sviluppo costante, anno dopo anno, le nostre città hanno sviluppato un ‘sistema nervoso’ digitale, fatto di piattaforme, sensori, dati e – da ultimo – intelligenza artificiale, che oggi richiede di essere governato superando il classico paradigma delle smart city. È necessario passare da città digitali a ‘città cognitive’, in grado di interpretare, apprendere e agire in modo semi-autonomo, anticipando i bisogni dei cittadini, suggerendo soluzioni ai decisori, imparando costantemente dall’esperienza. Questo percorso non è una semplice corsa alla tecnologia, ma un ripensamento della governance urbana, per creare città più resilienti, inclusive e democratiche”.