Non ci sarà il confronto tra i consulenti balistici e genetici di accusa e difesa nel processo ad Adele Velardo, accusata, insieme al marito Carlo Gregoli, nel frattempo morto suicida in carcere, dell’omicidio di Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela, uccisi a colpi di pistola il 3 marzo del 2016 a Palermo.

Nonostante i contrasti tra le relazioni tecniche di pm e legali sul dna trovato sui bossoli, certamente di Gregoli per
l’accusa, non sufficiente per una attribuzione certa per la difesa, e sull’arma, la corte d’assise ha respinto la richiesta
di confronto e rinviato per la requisitoria del pm Claudio Camilleri.

Il delitto, il cui movente non è mai stato accertato, avvenne in pieno giorno in strada davanti a un testimone oculare che ha anche deposto al processo. L’auto dei coniugi fu inoltre ripresa da alcune telecamere.

Alle 9.38 del 3 marzo la coppia uscì in macchina e si allontanò a bordo di una Toyota Land Cruiser verso via Falsomiele. Le telecamere ripresero poco dopo la Fiat 500 L con a bordo Bontà e Vela arrivare nel senso opposto. Poi entrambe le auto uscirono dall’inquadratura. Dopo meno di due minuti la macchina della Velardi riapparve per rientrare a casa. In quei due minuti, secondo l’accusa che si basa sui racconti del testimone oculare, Gregoli sparò. Tracce di polvere da sparo vennero trovate anche addosso alla moglie che però non avrebbe fatto fuoco e risponde a titolo di concorso morale nel delitto.
La donna si è sempre detta innocente.