L’intervista fatta dal giornalista Andrea Tornielli a papa Bergoglio Il nome di Dio è Misericordia è certamente tra i libri più venduti nel 2016. E’ stato pubblicato il 12 gennaio 2016 con lancio mondiale in 86 paesi.

Il libro colpisce perché contiene: domande semplici, quelle di ciascuno di noi, e risposte altrettanto semplici e dirette, com’è lo stile di papa Francesco.

Oggi al Multicenter della libreria Mondadori di Via Ruggero Settimo non sarà presentato, come tengono a precisare gli organizzatori del Centro Culturale IL SENTIERO “perché un libro così non si può presentare, ma si deve innanzitutto leggere”, ma si svolgerà una conversazione proprio a partire dal libro.

Ad introdurre il dibattito e le testimonianze è stato chiamato don Lirio Di Marco, che insegna Esegesi del Nuovo Testamento alla facoltà teologica di Sicilia. Con lui abbiamo scambiato qualche riflessione

Quale interesse suscita la lettura di questo libro?

“Certamente molti. Innanzitutto l’autore: papa Francesco è un personaggio entrato nella storia che è molto seguito e conosciuto in tutto il mondo. Poi la forma di comunicazione scelta: un’intervista strutturata, ma molto colloquiale e poco formale. In tale modalità trova molto spazio il modo di comunicare del Papa, che potremmo definire semplice e immaginifico, simile allo stile di Gesù Cristo che parlava attraverso esempi e parabole. Ma alla fine il vero motivo è un altro”.

Quale?

“Questo libro dice la verità su ciò che è l’uomo e ciò che è Dio”.

E cos’è l’uomo secondo papa Francesco?

“Per il Papa l’uomo è un essere profondamente ferito e di questo dato – a suo avviso – si può fare concreta esperienza. Infatti tutti noi, pur sapendo distinguere tra il bene e il male, vorremmo seguire la via del bene, ma spesso cadiamo o scegliamo il male a causa della nostra debolezza. Da qui la necessità della misericordia. Sono molto belli gli esempi sulla vita che cita a proposito di questa esperienza. Mi ha colpito in modo particolare quello sulle carceri”.

Ma questa è, in fondo, una esperienza personale, anche se molto umana. Come si può spiegarla in termini sociali?

“In modo semplicissimo: oggi l’umanità non sa come curare questa ferita o addirittura crede che non sia curabile. Il Papa in questo libro lancia questa sfida e dimostra come sia possibile”.

E come è possibile?

“Papa Francesco in esso torna su un tema a lui molto caro: la dicotomia tra corruzione e peccato. Lui apertamente sceglie il peccatore che è colui che riconosce il peccato e per questo stesso può ricevere la misericordia”.

E allora Dio cos’è?

“Dio è amore, come ci ha insegnato San Giovanni, ma la misericordia è il primo attributo di Dio e Gesù Cristo è il volto di questa misericordia. Il libro è ricchissimo di esempi, aneddoti e ricordi in cui questa affermazione trova concretezza. Impossibili enumerarli tutti”.

Ma così sembra che tutto si risolva nel rapporto personale tra l’uomo e Dio. Che c’entra la Chiesa in tutto ciò?

“La Chiesa ha un ruolo essenziale. Se l’uomo vuole essere perdonato non può mettersi davanti allo specchio e autogiustificarsi. Deve rivolgersi alla Chiesa nella forma che il Papa chiama ‘il dono della confessione’. Sono bellissime in tal senso le pagine in cui Bergoglio parla della sua esperienza di confessore e cita tanti fatti accaduti ai suoi confratelli nell’amministrazione di questo sacramento. E questo avviene attraverso tre passaggi”.

Quali?

“La condanna del peccato; l’accoglienza del peccatore, da cui l’importanza della parabole del padre misericordiosa; la considerazione che il peccatore è sempre e innanzitutto una persona. Con un nota bene: bisogna fare attenzione a non divenire come i dottori della legge. Ed oggi questo è un rischio grave soprattutto nei comportamenti sociali”.

E allora, qual è il valore sociale della misericordia?

“Il Papa dice che una società con più misericordia sarebbe inevitabilmente una società più giusta; ed apre il grande tema del rapporto tra giustizia e misericordia. Per il Papa non c’è giustizia senza perdono e aggiunge che la capacità del perdono sta al fondamento di una società che vuole essere più giusta e solidale”.

Per finire come si può sintetizzare quanto abbiamo detto?

“Con la frase, riportata nel libro (a pag. 40) detta un giorno da una vecchietta di 92 anni: ‘Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe’”.

Nel coso del dibattito sono previste due testimonianze: quella di Salvatore Cuffaro, che racconterà della sua esperienza di misericordia negli anni trascorsi a Rebibbia e quella di Bekir Ben un tunisino che è stato accolto per alcuni anni nella Missione Speranza e Carità di Biagio Conte