I dati snocciolati dall’Associazione dei costruttori nel rapporto sulla situazione di crisi dell’Edilizia in Sicilia sono sconcertanti.
Il “Rapporto congiunturale sull’industria delle costruzioni in Sicilia”, realizzato dalla Direzione affari economici e Centro studi dell’Ance nazionale in collaborazione con Ance Sicilia e Ance Palermo produce il solito grido d’allarme verso l’inerzia della pubblica amministrazione regionale, del Governo Siciliano e dei Comuni ed in generale di quelle che l’Associazione dei Costruttori stessi definiscono “autorità competenti”.
A parte il fatto che associare il concetto di competenza a quello di autorità, sebbene dovrebbe essere una cosa normale, una pretesa oggettiva, oggi suona quasi come il tentativo, certamente involontario, di prendere in giro talune autorità che hanno mostrato sul campo di possedere piuttosto che competenza il massimo livello di incompetenza. Un aspetto ci sembra comunque opportuno mettere in luce a completamento delle valutazioni emerse e diffuse con l’iniziativa di ANCE, e lo riportiamo di seguito.
Il rapporto affida le speranze della ripresa soltanto al rilancio della spesa pubblica mediante l’efficiente utilizzo degli investimenti a di matrice comunitaria, la tanto osannata e spesso offesa dalla politica e dalla P.A. “Programmazione Comunitaria”.
Nulla ci è sembrato di scorgere invece sul tema della fiscalità in ambito immobiliare che in Italia tutta ed in molti comuni della Sicilia è giunta a livelli insostenibili. Nulla ancora sull’economia sommersa, ambito all’interno del quale trovano certamente rifugio quasi tutti gli addetti del settore licenziati dalle imprese in questi ultimi anni di crisi feroce.
Sembra a chi scrive che ci sia anche in questa “autorità competente”, in ANCE quindi, una sorta di distacco dalla realtà che produce iniziative capaci di tutelare e sostenere interessi legittimi sì, ma molto soggettivi e particolari. Non è il comparto dell’edilizia che parla, così ci sembra, ma solo autorevoli imprenditori con obiettivi chiari di carattere soggettivo che poco hanno a che fare però con l’interesse collettivo.
Come fa ANCE a non spendere adeguate riflessioni sul merito dell’economia sommersa in edilizia? Non è forse vero che quegli addetti che hanno perso il posto di lavoro dalle imprese che hanno chiuso e tanti altri ancora operano in nero nelle ristrutturazioni edilizie, nella costruzione di case e ville autonome da contesti condominiali? Non è forse vero che questa parte dell’economia sconosciuta al fisco genera comunque reddito e capacità di spesa in Sicilia come in altre zone depresse d’Italia?
Sarebbe oggi più di prima il caso che le organizzazioni datoriali e le associazioni degli industriali incominciassero sul serio a vestire il ruolo di chi opera nell’interesse collettivo. La spesa pubblica è certamente importante e resta uno strumento fondamentale per alimentare la ripresa. Ma i protagonisti, a tutti i livelli, delle tanto sbandierate riforme strutturali dovrebbero una volta tanto trovare il coraggio di affrontare sul serio i problemi strutturali. E questi, nel settore dell’edilizia come in tanti altri settori economici, impattano sulla fiscalità e sul tema del lavoro nero. Forse però non si tratta di argomenti utili a quegli interessi particolari, sempre legittimi, che spesso stanno all’ombra dell’azione di queste organizzazioni.
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