E’ finito nell’inchiesta per la baby squillo, ma adesso deve spiegare le notevoli disponibilità economiche di cui dispone Dario Pandolfini, il poliziotto del servizio scorte finito agli arresti domiciliari per i rapporti con la baby squillo palermitana. L’assistente capo è difeso dall’avvocato Marcello Montalbano.

L’agente che scortava Maria Falcone, assieme all’altro collega dello stesso gruppo, già coinvolto nell’indagine ha cinque appartamenti, una moto Bmw 1200, una barca da diporto che si trova al Motomar.

Nuove possibili grane finito nelle indagini della squadra mobile diretta da Rodolfo Ruperti e dalla  sezione reati sessuali, coordinata da Rosaria Maida.

L’ inchiesta va avanti, con 40 clienti della giovanissima squillo già individuati e un ampliamento degli accertamenti che comincia a seminare il panico fra coloro che, probabilmente col sistema del passaparola, si sarebbero avvicendati nella frequentazione della «coppia monella», nomignolo che Nicolicchia aveva dato a se stesso e alla ragazzina su Facebook, per rimorchiare.

Intanto il tribunale del riesame ha dissequestra ciò che era stato prelevato nel sexy shop di via Cappuccini, ritenuto al centro del “caso”. La perquisizione è dunque per adesso senza risultati, perlomeno dal punto di vista formale: il collegio presieduto da Antonella Consiglio, a latere Gaetano Scaduti e Marco Gaeta, ha accolto il ricorso dell’avvocato Alessandro Musso, legale di A.V., titolare del sexy shop indagato.

Nel corso degli accertamenti è stato confermato così che il poliziotto aveva la disponibilità di un appartamentino in via Pietro Nenni, probabilmente «quello della zona di via Ugo La Mal fa» di cui aveva parlato la ragazzina, considerata vittima dei reati di induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e atti sessuali a pagamento con minore.

È lì che Pandolfini, che si sarebbe spacciato per avvocato, dicendo di chiamarsi Francesco, avrebbe condotto la sedicenne. Contro di lui le dichiarazioni di un collega poliziotto indagato a piede libero, che, dopo avere reso una versione ritenuta poco o per nulla credibile, per evitare guai peggiori si è ripresentato dal pm, in compagnia dei suoi legali, gli avvocati Nino Caleca e Roberto Mangano, e ha vuotato il sacco, ammettendo di non avere trovato la coppia monella su internet ma grazie proprio a Pandolfini, che gli aveva presentato Nicolicchia. Se è andata così, la questione cambia molto.

Anche perché la ragazzina, riascoltata dal pm, ha confermato che il sedicente «avvocato Francesco» aveva insistito nel chiederle la sua vera età, cosa che – secondo la Cassazione – dimostra che l’ uomo aveva quanto meno il dubbio di trovarsi di fronte a una minorenne. E questo integra il reato.

Il sospetto di chi indaga è che ci fosse un giro, anche di soldi. Da accertare la provenienza dei beni di Pandolfini, ad esempio, e che denotano un tenore di vita notevole. Ma non solo questo: se c’ era il passaparola, avveniva via telefono e via web e dunque l’ analisi di cellulari e computer degli indagati sarà fondamentale.

Intanto però ciò che era stato preso da A.V. il mese scorso sarà temporaneamente inutilizzabile. Il sexy shop di via Cappuccini è ritenuto uno dei centri di smistamento in cui domanda e offerta di emozioni forti si incontravano. E ora molta gente comincia a temere di essere individuata, dopo le prime 40 persone.

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