“Ci sono molti modi di interpretare la funzione giudiziaria e sicuramente il magistrato, soprattutto il pubblico ministero che va alla ricerca dei riflettori e delle telecamere e che si sente investito di una missione salvifica mi terrorizza. Il magistrato non può allontanarsi, nella forma e nella sostanza, dalle doti di equilibrio, di equidistanza, di sobrietà e deve essere percepito così dai cittadini. Ecco, Le confesso che quando ho usato quell’espressione, avevo in testa Piercamillo Davigo: per quel che dice e scrive, a volte riflette un modello di giustizia penale che io stento a considerare compatibile con i valori della nostra Costituzione”. Così

Costantino Visconti, autore del saggio “La Mafia é dappertutto. Falso” edito da Laterza, in una intervista su www.10notizie.it parla del suo libro.

“Una volta, in un’intervista che fece scalpore, paragonò gli imputati alle prede per un cacciatore nella savana: se lo dicesse un mio studente mi sentirei morire perché avrei fallito come professore. Spesso lo vedo in televisione e con un certa preoccupazione riscontro in lui una spiccata attitudine alla battuta facile, alla semplificazione sloganistica, e mai un approfondimento serio sulle questioni dolorose della giustizia penale”.

Ma Visconti nell’intervista cita passi del suo pamphlet in cui se la prende con il professionismo antimafia e il populismo giudiziario, ‘….purtroppo la prassi e il modus operandi del professionismo antimafia e di certi professionisti antimafia si sono poi consolidati, al di là delle sue funzioni e c’é chi vi ha lucrato, approfittandone per motivi personali che nulla avevano a che vedere con l’azione di contrasto alla mafia’. Nel testo l’autore stigmatizza i luoghi comuni imperanti nella lotta alla criminalità organizzata ‘il mito della invincibilità della mafia é caduto – spiega Visconti – e sbaglia chi la vede dappertutto e chi sostiene che tutto sia mafia: perché se tutto é mafia, niente lo é’. E questo é proprio ciò che la mafia vuole”