Una lite scoppiata improvvisamente ha rischiato di trasformarsi in tragedia. Perché, con inaudita violenza, un 28enne palermitano, Emanuele Rubino, si è procurato una pistola per sparare ad un 21enne gambiano. Il primo era disposto ad uccidere pur di far valere le sue ragioni.

Yusupha Susso è rimasto vivo ma è in coma farmacologico ed i prognosi riservata. I medici si stanno prodigando al massimo delle loro possibilità affinché quanto accaduto resti solo un brutto ricordo.

Il tentato omicidio di via Fiume, consumatosi tra l’indifferenza dei passanti, ha riacceso i riflettori sulla frangia ostile e malavitosa di questa città. Perché non si può, per riparare a quella che si crede un’offesa, sparare in testa ad un ragazzo.

Già ieri dodici associazioni fra cui Arci e Forum Antirazzista non hanno esitato a parlare di una aggressione razzista da parte di sei palermitani.

Un ragazzo generoso venuto in Italia per costruire il suo futuro. Uno che non cerca ‘rogne’ e che quando può aiuta gli altri. Sono unanimi i commenti di chi lo conosce su Susso Yusupha.

A fornirne il suo ritratto, tramite un lungo post pubblicato su facebook, il suo amico Sergio Petrona Baviera
Ecco cosa scrive:

“Hanno sparato a un mio amico.
Stava passeggiando in questa maledetta città e ha litigato con dei ragazzi per una stupidaggine. Era con altri due amici, gli animi si sono riscaldati. E uno dei ragazzi sconosciuti ha uscito una pistola. La ha puntata alla testa del mio amico. Ha sparato.
Lui adesso è in ospedale.
Il mio amico è una persona eccezionale. Voi direte che sono di parte perché è un mio amico. E forse è vero. Ma vi voglio raccontare chi è, anche senza dirvi come si chiama.
È nato in Gambia nel 1995 ed è arrivato in Italia con enorme coraggio dopo aver attraversato l’Africa del nord e avere lavorato per un po’ di tempo anche in Libia. Nella sua vita è già stato muratore, minatore, cuoco, falegname. E cantante. Sì, è un grandissimo cantante.
Qui a Palermo dopo la terza media ha scelto l’Istituto alberghiero. Quando viveva in Gambia e poi in Mali era già in possesso di una cultura eccezionale, di quelle che non si imparano a scuola. Il mio amico è un jali, un cantante nomade. La sua famiglia gira per l’Africa occidentale suonando la kora e cantando. Questo ragazzo conosce tutti i canti tradizionali della lingua mandinka e della lingua bambara. Ma quando ci siamo conosciuti mi ha detto che è felice di essere in Italia. È felice perché qui ha potuto finalmente studiare. E ama studiare. Nonostante lavori già con il tribunale come mediatore per le lingue che parla, che sono già cinque, lui vuole studiare. Tutte le volte che siamo insieme studiamo. E lui è instancabile ma mi perdona quando sono stanco e mi dice che la prossima volta studieremo un’altra cosa. Non la matematica perché lo sa che non sono bravo. Quando sono troppo stanco parliamo dell’Africa, dice che mi porterà in Gambia oppure parliamo di musica e mi parla di Toumani Diabate, che forse è suo parente o forse no. Qua a Palermo non molti hanno la kora. Ma la settimana scorsa avevo conosciuto un ragazzo che la suona ed eravamo rimasti d’accordo, sarebbe venuto con un percussionista e avrebbero fatto una jam. Anzi la faranno.
E quindi, sono qui che scrivo e il mio amico è in coma. Gli hanno sparato alla testa.
Sono in comunità e tutte le volte che suona il citofono spero di sentire cantare. Perché lui canta anche al citofono. E io gli apro la porta, poi studiamo e parliamo.
Ed è bello stare in Italia perché qui si studia e non si spara”.

Ad intervenire ancora sui social network anche Vincenzo Gervasi, difensore di Yusupha, che risponde all’amico di quest’ultimo precisando: ”

Il suo amico non ha litigato per una fesseria ma per dignità. Le cose sono andate così: lui ed i suoi amici sono stati aggrediti da alcuni ragazzi. Hanno deciso di non fuggire ma di affermare la propria dignità ed hanno messo in fuga gli aggressori. Questi vistisi a mal partito sono andati a chiamare il boss in salita del quartiere che ha sparato a freddo quattro colpi. Questi sono i crudi fatti. È interesse della verità e del suo amico che essa circoli con tutta la sua forza. Come avvocato di Youssoupha è quello che sto cercando di fare in queste ore”.

Yusupha Susso nell’ambiente di ItaStra, La Scuola di Lingua italiana per Stranieri dell’Università di Palermo che pubblica una nota di solidarietà:

“ItasTra – si legge – esprime la massima solidarietà ai tre suoi studenti del Gambia aggrediti con ferocia intollerabile. Sabato a Palermo non c’è stata nessuna rissa. C’è stata una ritorsione contro il senso di civiltà di ragazzi che di diverso da noi hanno solo la città di nascita.
Tutti e tre i giovani sono stati e sono studenti della Scuola di Lingua italiana per Stranieri dell’Università di Palermo ed hanno sempre dimostrato grande senso di civiltà e di rispetto degli altri. In particolare, il nostro amico Yusupha Susso, che in queste ore lotta per la vita all’ospedale Civico di Palermo, è un apprezzato e giovanissimo mediatore culturale impegnato nel sociale per il riconoscimento dei diritti dei più deboli.
La Scuola di Lingua italiana per Stranieri, di fronte a fatti terribili e intollerabili come quello accaduto, ribadisce il suo impegno quotidiano nel settore della formazione linguistica e culturale di minori stranieri non accompagnati, mamme immigrate, rifugiati politici, uomini e donne di ogni parte del globo, uniti nell’amore per il multilinguismo e la felice ‘contaminazione’ di culture e sentimenti. Forza Yusupha!”

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