La presidente della Commissione Cultura della Camera, Flavia Nardelli Piccoli già per molti anni direttrice del centro Luigi Sturzo a Roma e figlia del compianto Flaminio oggi sarà a Monreale per un incontro pubblico. Blogsicilia le ha rivolto quattro domande sul ruolo della donna nella società moderna a cominciare dall’impegno in politica a 70 anni dal suffragio universale

Insieme ai 70 anni della Repubblica abbiamo ricordato qualche giorno fa l’estensione alle donne italiane del diritto di voto. Ancora oggi c’è chi vorrebbe prendersene il merito, mentre altri sostengono che fu frutto di un consenso reale tra DC e PCI. Che giudizio si può dare oggi? Da Sturzo a De Gasperi quale fu il rilievo politico che i cattolici diedero alla partecipazione delle donne alla politica?

“In questi giorni una mostra alla Camera ricostruisce la storia del voto alle donne attraverso documenti di straordinario valore. Prende le mosse da lontano dopo il primo esperimento del voto amministrativo del 10 marzo 1946. Si concentra, però, soprattutto su quel 2 giugno del 1946 in cui le donne andarono a votare raggiungendo in alcuni casi percentuali numeriche maggiori di quelle degli uomini. Tra quei documenti soprattutto uno mi sembra degno di menzione: è il carteggio del 1945 tra De Gasperi e Togliatti. Togliatti scrive informando De Gasperi della richiesta che gli è pervenuta da parte del Comitato per il voto delle donne per la loro iscrizione nelle liste elettorali. De Gasperi gli risponde immediatamente con una lettera manoscritta, assicurandolo di aver già preso contatti con Bonomi, allora presidente del Consiglio, per sostenere insieme la presentazione del progetto di inclusione del voto femminile nella prima seduta del Consiglio. Il carteggio dimostra, dunque, una straordinaria sintonia di intenti tra i due maggiori partiti a base popolare del tempo. Non dobbiamo dimenticare che già Sturzo, nel programma elettorale del 1919, aveva previsto il voto alle donne, forte anche della sua esperienza nel mondo anglosassone e del suo consolidato rapporto con alcune delle maggiori esponenti inglesi del voto alle donne. Il numero delle elette non fu alto: 21 su 226 candidate. Ne furono elette 9, come nella DC, che però ne aveva presentate solo 30: Maria Federici, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi Cingolani, Maria Nicotra e Vittoria Titomanlio. Due donne furono elette con il PSI e 1 per il Partito dell’Uomo Qualunque. Queste 21 donne elette in rappresentanza delle cittadine italiane erano profondamente diverse fra loro per età, estrazione sociale, formazione ma ugualmente portarono avanti insieme in Parlamento un disegno unitario. Alcune di loro durante gli anni della dittatura fascista si erano formate in attività culturali o sociali. Fra queste la Conci che a Roma nel 1920 diventò presidente del FUCI (la Federazione degli Universitari Cattolici) e poi la De Unterrichter e la Gotelli che ebbero lo stesso percorso. Il Circolo Universitario cattolico femminile che frequentavano assicurava una mutua assistenza fra le iscritte per aiutare chi studiava fuori sede. Sappiamo che la FUCI fu uno dei luoghi più fecondi per la formazione della classe politica cattolica: si coltivava la vocazione all’aiuto reciproco, la capacità di fare squadra che tanto ha caratterizzato la componente cattolica femminile, concependo la politica come dialettica costruttiva”.

Quale contributo originale hanno saputo dare le donne italiane alla politica in questi 70 anni? L’unità di tutto il mondo femminile espressa nella Costituente e nei primi anni della vita democratica dell’Italia si è via via sfilacciata fino a divenire contrapposizione; un esempio per tutti l’aborto. Era un processo irreversibile o si poteva fare di più?

“Le donne in Parlamento in questi 70 anni si sono occupate della parte più fragile della società intervenendo sui temi della scuola, della famiglia, della società, modificando e aggiornando le tematiche delle diverse culture politiche attraverso una sensibilità condivisa. Molte sono state le battaglie che le hanno viste unite, molte quelle in cui si sono contrapposte. Sempre, però, con l’intenzione di tutelare i più deboli. Divorzio e aborto sono stati temi molto sofferti che hanno poi portato a battaglie condivise come quella del nuovo diritto di famiglia che ha visto lavorare insieme donne dalle culture politiche molto diverse. Ricordo soltanto Maria Elettra Martini e Nilde Iotti come testimoni proprio di questa sensibilità condivisa di tutto il mondo femminile che era emersa fin dai lavori della Costituente”.

Certamente la produzione legislativa italiana in tema di tutela della donna è stata e rimane ancora tra le più avanzate al mondo. Ma a questa tutela legislativa non corrisponde una reale tutela sociale e civile. Perché? L’impostazione dei movimenti femminili è stata sempre nella logica della rivendicazione di un ruolo paritario nei confronti degli gli uomini. Questo processo sembra ormai essere stato raggiunto. E allora cosa devono ancora fare le donne se sono ormai poste allo stesso livello degli uomini?

“E’ vero, la produzione legislativa italiana è una delle più avanzate del mondo. Abbiamo già detto che la nostra Costituzione è nata in forte anticipo sui tempi e sulla cultura del Paese. Ed è vero che il cammino di conquista della parità dei diritti e dei doveri è stato lungo, tanti sono i risultati raggiunti ma tante sono ancora le difficoltà che continuiamo ad affrontare. La verità è che le leggi scritte non sono sempre sufficienti e bisogna cambiare la cultura e il modo di pensare del Paese. Sappiamo però che da quel 2 giugno del 1946 le donne partecipano e contano per le scelte fondamentali del nostro Paese e che stanno lavorando per creare condizioni di maggiore attenzione su molti temi “difficili” della nostra società”.

C’è ancora uno specifico femminile che vale la pena indicare, per esempio agli adolescenti?

“Per far capire alle nuove generazioni l’importanza del ruolo della donna nella società, farei vedere la fotografia, molto attuale, delle anziane donne di Lesbo che tengono in braccio i bambini migranti. Quest’immagine è un potente messaggio che supera le nazioni e la politica: compassione e coraggio, empatia e sacrificio, ma soprattutto la profonda umanità delle donne, di tutte le donne. E’ una fotografia che fa capire quanto le donne siano insostituibili e importanti ieri, oggi, domani”.