Da una pastorale tradizionale, di conservazione ad una pastorale  all’insegna della missionarietà, pronta ad accogliere le sfide del presente, le problematiche dei territori: le migrazioni, la mancanza di lavoro, le problematiche all’interno delle famiglie. Insomma una chiesa che non ricerca l’equilibrio dentrò se ma nel dialogo e nel rapporto con l’altro.

Questa la Chiesa di Palermo a oltre un anno dalla nomina di monsignor Corrado Lorefice alla guida della diocesi di Palermo.

A raccontare a Blog Sicilia il cammino della Chiesa palermitana in quello che è il suo nucleo, ovvero la pastorale e l’annuncio della Buona Novella è don Carmelo Torcivia, rettore della Chiesa di Santa Maria della Catena, docente universitario e dal mese di ottobre direttore dell’Ufficio Pastorale.

E con lui abbiamo parlato dei cambiamenti che all’interno della diocesi palermitana si stanno portando avanti, le linee tracciate, i passi accennati e quelli ancora da compiere.

Sulla pastorale Torcivia sottolinea come quella di oggi “è una ‘Chiesa in uscita’, ‘ospedale da campo’, che si ‘impolvera’, così come detto da Papa Francesco con cui siamo in piena sintonia”.

“Partiamo da una tradizione importante inaugurata dal 1971, dal cardinale Pappalardo, che si è mossa nei canali della partecipazione dei laici, la formazione teologica preti e laici, ed un rapporto stretto con il territorio affinchè il cristianesimo non fosse inteso come una dimensione intimistica ed individualistica ma come fattore cambiamento del territorio – dice -. In questo solco possiamo sottolineare l’impegno nella lotta alla mafia negli anni più duri per la città. Una tradizione che però ha prodotto una certe routine e stanchezza con sporadiche iniziative di missionarietà – denuncia Torcivia -. L’abitudine è cosa buona ma molte volte è anche un fattore che può essere negativo”.

“Quello su cui stiamo lavorando parte dal presupposto che la Chiesa ritrova sè stessa uscendo da sè stessa incrociando esperienze altre e persone totalmente diverse, incontrando le periferie sociali ed esistenziali – spiega -, così si crea una comunità cristiana con un equilibrio dato dall’incontro e dal cercare l’altro ed essere in fondo una Chiesa ‘inquieta’, ‘ospedale da campo’,  secondo le immagini che ci ha consegnato Papa Francesco”.

Attenzione in primiis per le famiglie: “Intanto stiamo cercando di recepire il documento del Papa Amoris Laetitia che parla della coppia, della famiglia, che vede la coppia come un sapere e affrontare le crisi e non solo come rose e fiori. Crisi viste non come fattore negativo ma come punto di crescita, come capacità di saper passare da un equilibrio ad un altro”.

L’altro filone è la pastorale delle migrazioni: “Questa è la sfida del futuro come Chiesa stata negli anni ’80 è stata impegnata duramente nalla lotta contro la mafia, così oggi, fra dieci anni ci troviamo e  troveremo a fare i conti con questo fenomeno. Come Chiesa dobbiam prendere sul serio le migrazioni che non è solo qualcosa che attiene ad un problema di tetto e lavoro trovare e offrire a queste persone ma significa accettazione di culture e religioni altre”.

Padre Torcivia esprime anche quella che è una sua visione e punto di vista: “E’ vero quella che sta avvenendo è una migrazione forte ma che coglie l’Occidente in momento favorevole. Mi spiego:  l’Occidente è esangue in questo momento è in un periodo di non creatività e che vengano stimoli da altre culture non può che farci bene, viviamo un momento di denatalità questa è gente che farà anche figli. Non è vero che ci stanno togliendo il posto di lavoro stanno prendendo posti che non prendiamo più, penso alle badanti per gli anziani o all’agricoltura”.

Ma le periferie sono appunto anche nelle nostre città, l’emarginazione di chi un lavoro non riesce a trovarlo e viveiai margini in una situazione di esistenza precaria. Ci viene da pensare all’episodio che ha visto protagonista Marcello Cimino, il clochard bruciato vivo mentre dormiva nei locali antistante la mensa dei frati cappuccini, a Palermo.

“Siamo ormai una delle pochissime realtà istituzionali che non abbiamo mai mollato il territorio con le parrocchie e le Caritas.  – sottolinea – La loro esistenza fa sì che alcune situazioni di periferia vengano assorbite e attenzionate naturalmente nell’anonimato. Chiaramente si tratterà dentro questo solco già positivo di far di più”.

E la legalità e la mafia e l’impagno della Chiesa storia ormai del passato non più all’ordine del giorno?  “Il nostro impegno non è più quella della contrapposizione dura di trent’anni fa – dice -, ma la ricerca di un linguaggio nostro, del Vangelo, che possa in un certo senso essere ben speso dal punto di vista educativo. Se pensiamo a tutti i bambini che incontriamo per la Prima Comunione, alle loro famiglie, ai gruppi giovanili. C’è un grande lavoro di semina che viene fatto. Bisogna fare un discorso contro la criminalità e l’illegalità partendo dall’annuncio evangelico.Per esempio noi diciamo oggi che la mafia è una struttura di peccato”.

Posizione peraltro ribadita dalla Cesi e avvolorata dalla presa di posizione dell‘arcivescovo di Monreale Michele Pennisi che proprio nel solco di questa posizione ha ribadito che “non possono essere ammessi all’incarico di padrino del battesimo e della cresima coloro che si sono resi colpevoli di reati disonorevoli o che con il loro comportamento provocano scandalo”. e pure “coloro che appartengono ad associazioni di stampo mafioso o ad associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici e hanno avuto sentenza di condanna per delitti non colposi passata in giudicato”

“Lo sforzo grande della Chiesa appunto – dice Torcivia è quello di rispettare le tradizioni religiose ma non essere in funzione delle tradizioni, ma anzi renderle più evangeliche e dando anche dei correttivi”.

Il rapporto con le istituzioni: “Il dialogo c’è sempre stato però abbiamo imparato nel corso degli anni ad avere un rapporto sano con esse: non siamo collaterali e di appoggio a nessuna istituzione. Vogliamo collaborare ma messe una di fronte l’altra, non a braccetto, in cui ognuna rimane nella propria autonomia e libertà anche di criticare e avendo un dialogo franco e sereno per potere chiedere alle parti politiche di non fare discorsi settari e di partito sulle problematiche che ci sono sul territorio. I problemi son di tutti e noi siamo disponibili a mettere tutti ad un tavolo per risolverli insieme”.