La nuova legge sugli ecoreati sta funzionando bene. Dall’entrata in vigore della legge n. 68 del 29 maggio 2015, che ha introdotto nel nostro Codice penale il Titolo VI-bis dedicato ai delitti ambientali, e fino al 31 gennaio 2016, sono 947 i reati ambientali accertati, tra delitti e reati contravvenzionali, 1.185 le persone denunciate e 229 i beni sequestrati per un valore complessivo di quasi 24 milioni di euro. Contestato in 118 casi il nuovo delitto di inquinamento e per 30 volte il disastro ambientale.

Nella sola Sicilia, dall’entrata in vigore della legge, sono stati accertati 17 ecoreati, che hanno portato ad 87 denunce e 14 sequestri. Sono questi gli ultimi dati del dossier Ecomafie 2016 di Legambiente17 

Nelle settimane scorse sono arrivati anche i primi arresti per inquinamento in Abruzzo e Puglia e la prima sentenza sulla nuova legge, da parte della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione (presidente Giovanni Amoroso, estensore Luca Ramacci), su un procedimento giudiziario in Liguria che riguarda un caso di inquinamento nel golfo di La Spezia. La sentenza (n. 46170 del 3 novembre 2016 scaricabile sul sito www.lexambiente.it) ha fornito una prima interpretazione sul nuovo ecoreato di “inquinamento ambientale” introdotto nel codice penale, insieme agli altri delitti contro l’ambiente, con la legge 68/2015, e riguarda il sequestro preventivo di una porzione di fondale del golfo di La Spezia e di un cantiere, compiuto in seguito alle attività di dragaggio.

“La legge sugli ecoreati ha portato nuovi strumenti a chi combatte l’illegalità ambientale e comincia a dare i suoi frutti” è il commento di Daniela Ciancimino del Centro di Azione Giuridica di Legambiente. “Sono i numeri a dirlo: reati contestati, beni sequestrati e persone denunciate dimostrano che con l’entrata in vigore della legge si è determinato l’avvio di una nuova stagione per il contrasto delle ecomafie, della criminalità ambientale e degli inquinatori seriali – ha aggiunto -. Questo avviene grazie all’istituzione di nuovi delitti specifici da contestare, come l’inquinamento e il disastro ambientale, mentre fino a ieri magistrati e forze dell’ordine dovevano ricorrere ad articoli previsti per tutt’altro a partire dal getto pericoloso di cose. Sono fondamentali anche il raddoppio dei tempi di prescrizione, le tecniche investigative più efficaci come le intercettazioni e limiti di pena adeguati”.

“I risultati dei primi 8 mesi di applicazione della nuova legge sugli ecoreati, fortemente voluta dalla nostra associazione, stanno dimostrando tutta l’efficacia del nuovo sistema sanzionatorio – afferma Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente -. Dopo i 4 arresti compiuti in Abruzzo e i 14 a Taranto nelle settimane scorse, è arrivata finalmente anche la prima sentenza della Corte di Cassazione sulla nuova legge sugli ecoreati. Si tratta di tre novità fondamentali per la piena applicazione della legge che sta riscontrando sempre più favore tra i rappresentanti delle forze di polizia e della magistratura. La nuova norma insomma sta funzionando molto bene, con buona pace dei denigratori della prima ora. Per rendere ancora più efficace il contrasto agli ecocriminali è fondamentale attivare una grande opera di formazione per tutti gli attori della repressione dei reati ambientali, a partire dai magistrati e dalle forze dell’ordine”.

Identica positiva opinione è stata espressa dal Procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, che nel suo intervento ha ribadito come la legge sugli ecoreati ha fornito un valido strumento operativo alle forze dell’ordine e all’autorità giudiziaria per poter fermare gli eco criminali, soffermandosi poi in particolare sulla situazione della provincia di Agrigento e più nello specifico sull’abusivismo edilizio e sulle mancate demolizioni di immobili insanabili per sentenza definitiva, nonché sulla preoccupante situazione riscontrata, attraverso inchieste e sequestri, nel ciclo di smaltimento e depurazione delle acque reflue.

Le novità importanti di questa legge sono diverse. I cinque nuovi ecoreati del codice penale sono: inquinamento, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale radioattivo, impedimento del controllo e omessa bonifica. Le pene sono molto importanti: si va dalla reclusione da 2 a 6 anni per il delitto di inquinamento a quella da 5 a 15 anni per chi commette un disastro ambientale. I tempi di prescrizione raddoppiano, è prevista una lunga serie di aggravanti, tra cui quelle per lesione, morte, ecomafia e corruzione, e si possono eseguire le confische dei beni (anche per equivalente) in caso di condanna. La legge prevede anche sconti di pena per chi si adopera a bonificare in tempi certi (questo accelererà inevitabilmente il processo di risanamento in Italia) e un sistema di estinzione amministrativa dei reati minori se vengono rispettate in tempi certi le prescrizioni dettate dagli organi di controllo come l’Arpa. Sono previste anche sanzioni severe come la responsabilità giuridica delle imprese. Si tratta di nuovi delitti che non sostituiscono o abrogano le leggi precedenti (continuano a esistere i reati contravvenzionali), così come il nuovo disastro ambientale si aggiunge al vecchio disastro innominato (art. 434 del codice penale), utilizzato dai magistrati prima dell’approvazione della legge sugli ecoreati.

Si tratta di una riforma che è il frutto di un percorso tortuoso, lungo e faticoso, che ha visto Legambiente in prima linea sin dall’inizio di questa avventura iniziata nel 1994, dimostrando l’enorme importanza che la società civile può assumere per imporre l’interesse collettivo al centro dell’azione politica, al di là dei singoli schieramenti partitici. Nell’occasione è stato presentato anche il libro “Ecogiustizia è fatta – Storia di una lunga marcia contro l’ecomafia in nome del popolo inquinato”, a cura di Enrico Fontana, Stefano Ciafani e Peppe Ruggiero, con la prefazione di Roberto Saviano, che descrive in 128 pagine i 21 anni di lavoro di Legambiente per far approvare la legge dal Parlamento italiano. Il libro è acquistabile al link: http://www.legambiente.it/1994-2015-storia-di-una-lunga-marcia-contro-lecomafia-nome-del-popolo-inquinato-cura-di-enrico-fonta