“Chiamavamo la squadra mobile l’avamposto degli uomini perduti, eravamo soli. Cassarà, Montana, Antiochia sono persone che hanno dato la vita per le istituzioni e per la città.

Non tutti li ricordano. La mafia era cosa loro, non interessava alla cittadinanza. La mafia non toccava i bambini, una cosa falsa. La mafia colpiva il cuore dello Stato e approfittava di questa solitudine”.

Lo ha detto Francesco Accordino, già Dirigente sezione Omicidi Squadra Mobile Palermo, questa mattina nel corso delle cerimonie in ricordo del 34esimo anniversario dell’uccisione del vice questore Ninni Cassarà e dell’Agente di Polizia Roberto Antiochia, trucidati dalla mafia il 6 agosto del 1985 in via Croce Rossa.

Questa mattina nel corso della commemorazione, che si è tenuta in piazza Giovanni Paolo II, è stata scoperta una stele in memoria di Ninni Cassarà e Roberto Antiochia e deposta una corona di alloro alla presenza delle massime autorità civili e militari. Successivamente è stata celebrata una messa presso la cappella di Maria santissima della Soledad, in salita Antonio Manganelli.

“Quei nomi non devono solo essere scritte nel marmo ma nelle nostre coscienze – ha dichiarato don Luigi Ciotti -. Serve uno scatto in più. Palermo è una città cambiata ma loro sono ancora vivi anche se non governano più”. Per la famiglia la stele rappresenta pungolo per tenere alta la memoria.

“La città e i cittadini tendono a dimenticare e bisogna fare ricordare alla città quello che è successo. Un periodo molto triste. – dice Laura Cassarà, la moglie del vice capo della squadra mobile ucciso il 6 agosto 1985 – La città è cambiata si parla di mafia anche nelle scuole allora nemmeno questo si faceva. Chi combatteva la mafia era isolato. Oggi è un problema di tutti è nazionale ed è un grosso passo avanti. Ovviamente la mafia c’è ancora”.

Per la famiglia la stele rappresenta pungolo per tenere alta la memoria. “La città e i cittadini tendono a dimenticare e bisogna fare ricordare alla città quello che è successo. Un periodo molto triste. – dice Laura Cassarà, la moglie del vice capo della squadra mobile ucciso il 6 agosto 1985 – La città è cambiata si parla di mafia anche nelle scuole allora nemmeno questo si faceva e chi combatteva la mafia era isolato. Oggi è un problema di tutti è nazionale ed è un grosso passo avanti. Ovviamente la mafia c’è ancora”.

Per il questore Renato Cortese la città è cambiata. “Ricordiamo Ninni Cassarà e Roberto Antiochia che hanno rappresentato la solitudine di quegli anni, di pochi uomini che hanno lottato un male forte, un male aggressivo che è la mafia – ha detto Cortese – Ma oggi il fatto di avere l’affetto della città e di essere tutti insieme a ricordare Ninni Cassarà credo sia veramente il significato più importante. Significato di una Palermo che è cambiata, una mafia che è in difficoltà, nel fatto che la mafia sia in difficoltà dobbiamo ricordarci che gli eredi di quelli che hanno ucciso Cassarà e gli altri oggi sono ancora presenti”.

“Oggi vogliamo rivolgere un pensiero commosso – ha detto il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci alla memoria di Gaetano Costa, Ninni Cassarà e Roberto Antiochia, fedeli e valorosi servitori dello Stato, uccisi solo perché facevano, bene, il proprio lavoro. E’ doveroso, infatti, onorare la memoria di uomini che con coraggio, anche a costo della vita, hanno saputo tracciare un percorso di legalità e di impegno quotidiano contro ogni forma di criminalità”.

“Oggi ricordiamo il sacrificio di due servitori dello Stato – ha affermato invece il sindaco di Palermo – che con coraggio hanno combattuto la mafia e che in anni difficilissimi dedicarono il proprio impegno alla caccia ai latitanti. Anche grazie all’esempio di questi uomini, oggi le istituzioni a Palermo sono unite e impegnate senza equivoci nella lotta alla mafia”.

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