Nel disegno di legge elettorale in discussione, cosiddetto neo-rosatellum, “rileviamo un gravissimo vizio di incostituzionalità che ci costringerà, qualora venisse approvato da entrambi i rami del Parlamento, a un ricorso in Corte Costituzionale e addirittura, se in quest’ultima dovesse prevalere una interpretazione ‘abrogativa’ della Costituzione per pura ‘ragion di stato’, a forme clamorose di disobbedienza civile, ancorché del tutto pacifiche e non violente”.
Per gli indipendentisti “la norma in questione contiene espressamente la previsione di uno sbarramento elettorale calcolato ‘sulla cifra elettorale nazionale’, anche per il Senato per il quale la Costituzione, senza possibilità di interpretazioni che ne aggirino la previsione, dispone inequivocabilmente che ‘è eletto su base regionale’”. “Non vogliamo entrare nel merito del provvedimento, giacché sappiamo bene che solo all’attuale Parlamento spetta legittimamente ogni valutazione di contenuto – scrive il prof. Massimo Costa – Ci asteniamo quindi dal dare qualunque giudizio di valore, tanto più che il nostro movimento, operando solo sul territorio della Regione siciliana, ritiene che legittimamente questa funzione spetti ai movimenti politici cosiddetti nazionali”. Sollecitando al presidente Boldrini un emendamento “che riporti la legge nell’alveo naturale della Costituzione”, gli indipendentisti sottolineano nella missiva “che la a contraddizione tra la legge elettorale e la Costituzione non è infatti puramente formale”.
“Pur accettando una agenda politica (che non dettiamo noi) nella quale è iscritta la necessità di una omogeneità nei metodi di elezione di Camera e Senato, rileviamo – prosegue il prof. Costa – che intanto ‘omogeneità’ non significa ‘identità’, che peraltro mai c’è stata tra le leggi elettorali di Camera e Senato nella storia della Repubblica ormai più che settantennale. Poi, aggiungiamo, che i Padri costituenti vollero che il Senato fosse eletto ‘su base regionale’ proprio per superare definitivamente il centralismo tipico del primo Stato unitario e il recente esito del referendum costituzionale ha confermato, al di fuori di ogni dubbio, che il popolo italiano ha scelto per il mantenimento del Senato elettivo, con la sua centrale caratteristica di essere maggiormente espressione delle realtà territoriali rispetto alla rappresentanza più strettamente unitaria della Camera dei Deputati”.
Per i “Siciliani liberi “il contrasto tra il disposto costituzionale e il disegno di legge è quindi profondo e non celabile in alcun modo; del resto, se il Senato avesse, come previsto da questa legge, una formazione sostanzialmente identica a quella della Camera, ancorché dimezzato nel numero, non se ne comprenderebbe più la funzione: esso diventerebbe un inutile doppione della Camera, quasi pronto per essere soppresso, come era in un disegno di legge costituzionale che gli italiani, in modo pienamente legittimo, hanno decisamente respinto”.
Ma vi è di più. “La previsione dello sbarramento su base nazionale, infatti, contiene un vulnus alla democrazia assai pericoloso. Esso, infatti, letteralmente ‘toglie il diritto di voto’ a quei cittadini, e possono essere anche milioni, che non si riconoscano nelle formazioni politiche cosiddette nazionali ma in quelle regionali – afferma il pro. Costa – Negando loro il diritto di rappresentanza (nel nostro caso dovremmo conseguire in Sicilia un risultato di circa il 40 % di suffragi per avere un senatore, neanche ai curdi in Turchia è riservata una sorte analoga), si nega loro semplicemente il diritto di cittadinanza politica. Nulla si obietta contro lo spirito della legge che nega rappresentanza a formazioni minori (sotto il 3 %) ma la stessa legge eleva, per i soli partiti regionali, che alla Camera non hanno né possono avere alcuna rappresentanza, questa soglia a livelli praticamente da maggioranza assoluta per il Senato”.
“L’approvazione di questa legge, ad esempio in una regione come la Sicilia o la Sardegna, che hanno lunghe tradizioni autonomistiche e finanche indipendentiste – argomento il prof. Costa – toglie il diritto di rappresentanza a tutti coloro che, legittimamente, non si riconoscono nei partiti ‘nazionali’, fossero anche ad esempio un terzo dell’elettorato delle due maggiori isole. La Costituzione ha riconosciuto alle stesse forme particolari di autonomia in ragione della loro perifericità e della loro peculiare storia istituzionale, ma poi nega forza a questo riconoscimento obbligando a ‘passare’ solo da alcune formazioni politiche che hanno le loro centrali decisionali in sedi lontanissime dai cittadini. L’esito, sciagurato, potrebbe essere quello di un’alienazione definitiva della popolazione di quelle regioni, già fortemente alienata dalla partecipazione civile, rispetto alle istituzioni repubblicane, con tutto ciò che di instabile ne potrebbe conseguire”.
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