“La sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo non mette in discussione il 41/bis che, impedendo ai boss di continuare a comandare anche dal carcere e spezzando il legame dei capi mafia col territorio, è stato e rimane uno strumento irrinunciabile nella lotta alla mafia.
I risultati ottenuti in questi anni lo confermano. Sta poi ai magistrati (per Provenzano anche sulla base delle indicazioni dei medici) valutare nei singoli casi fino a quando è necessario mantenere il regime carcerario del 41/bis, che non è una pena afflittiva supplementare, ma unicamente il modo più efficace per impedire ai capi di Cosa Nostra di perseguire i loro scopi criminali anche dopo l’arresto”.
Lo dice Maria Falcone, sorella del giudice ucciso a Capaci e presidente della Fondazione Falcone, in merito alla sentenza della Cedu che condanna l’Italia per aver sottoposto il boss Bernardo Provenzano a un trattamento carcerario disumano imponendogli il carcere duro nonostante le sue compromesse funzioni mentali.
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