Palermo

La strage di Capaci e …quel filo che si è spezzato

Di quel 23 giugno 1992, un mese dopo la strage di Capaci, ricordo il lungo serpentone di mani strette le une alle altre. Un lungo filo della speranza che circondò e unì Palermo. Dal palazzo di Giustizia all’albero Falcone, Beirut insorse.

Sotto i nostri piedi, l’asfalto rovente di un’estate arrivata in anticipo. Sulle nostre teste, i lenzuoli bianchi contro la mafia che imbiancavano i palazzoni del centro e le catapecchie dei vicoli. Le mani strette, i piedi per terra, la testa alta, la schiena dritta, il cammino di una moltitudine che marciava per il cambiamento.

C’erano quelli che avevano letto un milione di libri insieme a quelli che non sapevano nemmeno parlare, padri e figli, nonni e nipoti e tutti pensavamo che fosse un nuovo inizio. Una nuova storia che per niente al mondo si sarebbe fermata.

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E invece no. Dobbiamo essere onesti con noi stessi, onesti per rispettare la memoria di Giovanni, Francesca, Vito, Rocco e Antonio e domani di Paolo, Agostino, Vincenzo, Walter, Claudio e di Emanuela. Sì, Emanuela, la prima agente donna morta in servizio. Dilaniata insieme ai suoi colleghi e a Paolo Borsellino. La ricordate? Aveva 24 anni quel giorno in via D’Amelio.

Lei vive ancora, nella testa e nel cuore dei bambini di Passo di Rigano che frequentano la scuola dedicata all’angelo custode di Paolo. Quei bambini che si sono preparati a ricordare le vittime della mafia, colorando i lenzuoli della legalità con la speranza di vederli sventolare sulle loro teste. Così non è stato, il quartiere dove vivono, crescono e studiano ha rifiutato di esporre i loro sogni.

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Parliamoci chiaro, a ventisei anni di distanza da quell’estate del 1992, quel filo di speranza, quelle mani strette le une alle altre, quei lenzuoli simbolo di indignazione e coraggio, si è spezzato.

Certo, ci sono tanti piccoli, invisibili e importanti luoghi dove quella storia nuova che immaginavamo continua a raccontarsi, e raccontandosi continua a vivere. Nelle scuole, nel volontariato, nell’impegno civico e per la legalità. Ma non basta.

Ieri è arrivata al Porto di Palermo la Nave della Legalità con tanti ragazzi venuti a ricordare i nostri eroi. #PalermochiamaItalia si chiama l’iniziativa e coinvolge oltre 70 mila ragazzi in tutto il Paese. Una bella cosa.

Ho un sogno però. La prossima volta, su questa stessa nave, facciamo partire i bambini della scuola elementare manuela Loi con i loro lenzuoli. Verso porti migliori. Esponiamo i loro sogni dove i sogni ha senso sognarli. Magari, riusciamo a riannodare quel filo che si è spezzato qui, intorno a noi.

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