L’amico e un tempo collega di lavoro Sergio Infuso ritorna a narrare, con tratti di penna chiaramente da ascrivere alla sua personalità (e in cui traspare sempre la singolare e mai tradita capacità di mediazione che gli appartiene) un percorso che lui stesso definisce catartico e che, dal punto di vista letterario, inizia con Un Miscelino per Rosa (per le edizioni La Zisa).
Una storia d’amore e di passioni politiche per la città di Palermo condivise dalla sua amata Rosa con cui scriveva, nel suo primo lavoro edito, “ci siamo lasciati coinvolgere empaticamente attraverso l’impegno sociale, dagli eventi della borgata, da quelli che hanno infiammato la vita della nostra città, travolti dall’entusiasmo e dalla voglia di cambiamento per renderla più vivibile e legale, dopo gli anni terribili delle stragi di mafia, in quella stagione straordinaria conosciuta come la “Primavera” di Palermo”.
Nel 2016 (Navarra Editore) va in stampa “Rosa noce”, una riedizione che rinverdisce la memoria per un grande amore e per la politica, “quella con la maiuscola”. Nell’esperienza politica di Sergio Infuso, è sempre la compagna Rosa a esserne inscindibile complice di passioni: in più occasioni, ne sollecita infatti “la spinta a far meglio per rispondere ai bisogni del territorio, alle difficoltà delle famiglie più deboli e indifese, per rendere più vivibile Palermo e la piccola borgata della Noce”. In una “fusione tra ideali e sentimenti, etica e morale, passione e responsabilità”.
In villaggi remoti, dove i milioni di morti continuano a far registrare nuove vittime a causa di epidemie e malattie e dove esercitare (o provarci perlomeno) “il diritto alla sopravvivenza”. Una cifra letteraria lieve e garbata, com’è lo stile dell’Autore, che non manca di accarezzare il lettore in un racconto che è insieme denuncia per sofferenze e ingiustizie e trasposizione romanzata di luoghi di straordinaria bellezza.
Contraddizioni grandi e gravi. Come quelle di bambini che vivono nell’Africa lussureggiante ma nei quali si legge il bisogno e insieme l’entusiasmo nella disputa d’una partita di pallone che Sergio sa catturare con sincera commozione nel suo diario di viaggio.
Con la delicatezza che riesce a descrivere la magia della foresta incantata, pagine che andrebbero lette ai nostri figli per dar loro la buonanotte e insieme il carburante per il bello, per le emozioni che recano profondità: “Una striscia d’azzurro fende le chiome degli alberi d’alto fusto, folte, vitali, rigorosamente verdi, l’iride si perde in quell’orizzonte, mentre dieci, cento, mille lucciole, illuminando il nostro cammino, a tratti è la luce della luna che apre un varco tra le chiome secolari”. Sergio ci restituisce la consapevolezza di ritrovarsi in luoghi unici al mondo, portandoci con sé, in “nuove tappe di utopia” che conoscono il compimento di nuove missioni umanitarie che sono vere sinfonie d’amore per l’Africa. “Mentre la piroga scivola sull’acqua immobile e silenziosa”.