Donna palermitana truffata per una carta di credito clonata, intenta causa con Poste Italiane e vince. Il suo libretto di risparmio, custodito in cassaforte, si scopre essere estinto per effetto di questa clonazione della carta di credito. L’arbitro per le controversie bancarie e finanziarie condanna Poste a risarcire la risparmiatrice. È quanto successo a una signora che nel 2018 apre un libretto di risparmio postale, a cui era associata una carta bancomat, per conservare i propri risparmi. Tuttavia la signora aveva utilizzato la carta solo una volta, nel 2020, per un prelievo di 600 euro. Perché lo scopo del libretto era quello di mettere da parte dei risparmi. Proprio per questa ragione, lo stesso giorno dell’unico prelievo, decideva di mettere la carta in cassaforte: il risparmio era al sicuro, essendo l’unica a conoscere i codici.

L’amara scoperta

Passati quattro anni, la donna si è recata presso il proprio ufficio postale e scopre di essere stata truffata. Era intenzionata ad impiegare i risparmi accumulati nel libretto, pari ad oltre 13 mila euro, per un diverso prodotto di Poste Italiane. Lì l’amara sorpresa: l’operatore le riferisce che il libretto è stato estinto nel novembre 2021 “d’ufficio” perché il saldo era pari a zero. La cliente chiese immediatamente copia della movimentazione. Scoprì che dal 31 maggio 2020, ovvero il giorno dopo l’unico prelievo effettuato con il bancomat associato al libretto, erano state compiute a sua insaputa 25 operazioni di prelievo in contanti “svuota conto”. In realtà dall’effettiva detentrice mai disposte e mai autorizzate.

La denuncia e l’avvio del contenzioso

Incredula e sconfortata, fece subito denuncia e inoltrò un reclamo a Poste Italiane per il rimborso della cifra derubata da ignoti. Poste, tuttavia, ha negato qualsiasi responsabilità per l’accaduto e ha rifiutato il rimborso. La vittima assistita dallo studio legale Palmigiano e Associati che da anni si occupa di diritto bancario. Gli avvocati Alessandro Palmigiano e Mattia Vitale hanno presentato ricorso all’arbitro per le controversie bancarie e finanziarie. La tesi dei legali è che la colpa di eventuali operazioni fraudolente nel sistema deve ricadere su Poste Italiane. Perché la società che offre il servizio è tenuta a predisporre tutte le misure necessarie per tutelare i clienti ed i loro dati personali.

Cosa prevede la norma

In particolare, la norma prevede che l’istituto è tenuto ad assicurare che le credenziali di sicurezza personalizzate non siano accessibili a soggetti diversi dall’utente abilitato a usare lo strumento di pagamento. E ancora che, qualora l’utilizzatore neghi di aver autorizzato un’operazione di pagamento già eseguita o sostenga che questa non sia stata correttamente eseguita, è obbligo del  prestatore di servizi di pagamento provare che l’operazione di pagamento è stata autenticata correttamente. Inoltre, i legali rilevano una grave responsabilità da parte di Poste Italiane, che aveva rilasciato una carta abilitata al prelievo. Ma senza alcun sistema di sicurezza per evitare l’utilizzo illecito da parte di terzi, come per esempio un servizio di sms alert.

La tesi dell’Abf

Proprio su questo aspetto l’Abf, collegio di Palermo, ha accolto la richiesta della risparmiatrice, ritenendo che Poste deve restituire la somma. “Non è stata fornita dall’intermediario – sostiene Abf – alcuna prova dell’attivazione di sistemi di allerta per l’effettuazione di operazioni di prelievo o pagamento. Sistemi che, considerata la scansione temporale delle operazioni, avrebbero posto la ricorrente in condizione di impedire i prelievi successivi al primo”. “La crescita dei casi di truffe bancarie attraverso prelievi, messaggi, attraverso telefonate o email che sembrano arrivare dalle proprie banche dimostra come, in molti casi, i sistemi di sicurezza degli istituti di credito non siano sicuri – ha spiegato Alessandro Palmigiano -. Ci sarebbero strumenti tecnologici per evitare queste truffe ma questo richiede che le banche facciano degli investimenti in sistemi di sicurezza più avanzati. Non è possibile far ricadere il rischio di impresa sui clienti”.

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