«La mia presenza è la presenza di chi assicura che questo è un luogo dove si concentra la presenza stessa del Signore che ha detto “Ero prigioniero, ero carcerato e siete venuti a trovarmi”. Ho detto loro che la presenza del Signore deve costituire una grande forza perché quando nella nostra vita entra il Signore, così come abbiamo ascoltato nel Vangelo, anche chi è sterile diventa fecondo – come la figura di Anna o di Elisabetta – ed è quindi questo l’augurio che offro a tutti loro: più saranno accoglienti nei confronti del Signore, più gusteranno la libertà interiore in attesa di riconquistare la libertà fuori dal carcere». Così questa mattina l’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice ai detenuti della casa circondariale “Pagliarelli” intitolata all’agente Antonio Lorusso con i quali ha celebrato la Messa in preparazione del Natale.

L’incontro coi detenuti

L’Arcivescovo ha voluto salutare e incontrare i detenuti presenti sia nella cappella che attraversando i diversi corridoi: «Per me è sempre stato importante – ha detto l’Arcivescovo – far sentire quella si definisce “vicinanza dei corpi”, anche adesso seppur con tutte le limitazioni imposte dalla situazione sanitaria; rimanendo vicini si offre l’amore che il Signore ha per ogni singolo essere umano, nessuno escluso. Per questo motivo, nel celebrare questa mattina ho voluto raggiungere e abbracciare tutti i detenuti, anche coloro che non erano fisicamente presenti nella cappella dell’istituto. L’altra cosa che ho desiderato condividere è stata la gioia di poterci fermare qui, insieme, alzando lo sguardo verso Dio perché noi siamo certi che Dio non è lontano, ma è presente».

L’omelia dell’Arcivescovo di Palermo

Nella sua omelia l’Arcivescovo di Palermo ha sottolineato che «Il vescovo è colui che, prima di ogni cosa, deve fare proprio questo: annunziare a tutti che Dio è Padre misericordioso e che in Gesù suo figlio, venuto nella nostra condizione umana, morto e risorto e asceso al cielo, in Gesù c’è possibilità di essere raggiunti dall’unica via di salvezza che solo Dio può dare; nessuno di noi può salvarsi da solo, senza l’aiuto di Dio. A tutti noi è dato di sostenerci perché insieme portiamo i segni della nostra fragilità e Dio ci offre la possibilità di non pensarci mai da soli ma di ritrovarci come fratelli, sostenerci reciprocamente. Ecco perché è importante condividere questa certezza, quella della presenza del Signore in mezzo a noi, in mezzo a tutti voi, una presenza che aiuta reciprocamente a portare i diversi pesi dell’esistenza umana».

“Se voi siete qui, noi tutti abbiamo fallito”

«Il Vescovo vi viene a trovare – ha proseguito Monsignor Corrado Lorefice – perché vi vuole bene e, proprio per questo, vi ricorda che “Dio salva”: questo significa Gesù, il Salvatore. Parliamo del Gesù che ha conosciuto un processo sommario, che è stato condannato a una pena infame, quella di essere crocifisso e maledetto da Dio e dagli uomini. Ma vi ricordo che tutte le volte che un uomo o una donna portano i segni di una sofferenza, lì si concentra la presenza stessa di Dio. E Gesù ci dimostra che Dio è fatto così, ama tutti perché è padre di ogni uomo e di ogni donna; ma in particolare ama chi soffre, chi è piccolo (“ha guardato alla bassezza della sua serva”).

In Dio quindi c’è una misura diversa rispetto a quella che normalmente noi abbiamo, e se voi adesso siete qui, in questo luogo dove siete reclusi, vuol dire che abbiamo fallito tutti, che dobbiamo interrogarci. Proprio per questo, quando entriamo qui dentro ritroviamo la “misura” di Dio, padre di tutti e in particolare di chi è più fragile, di chi porta i segni della conseguenza di una debolezza. Insomma, Dio è fatto così, direi al rovescio: noi uomini partiamo dalla forza e dalla potenza, Dio padre di tutti, invece, inizia da chi è più fragile. Fate entrare il Signore nella vostra vita, non abbiate paura, non avete nulla da temere, celebriamo insieme questo Natale del Signore che vuole nascere nella vostra vita».

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