Oltre trent’anni di orrori della mafia attraverso omicidi efferati. Tra delitti “eccellenti” negli ambienti malavitosi e vittime illustri come l’ex sindaco di Palermo Salvo Lima, per passare alle stragi di Capaci e via d’Amelio che costarono la vita ai giudici Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino ed alle rispettive scorte.

Il racconto in immagini – rigorosamente in bianco e nero – è affidato Macelleria Palermo, mostra fotografica dal titolo esplicito realizzata dai fotoreporter Franco Lannino e Michele Naccari dell’agenzia Studio Camera.

Kermesse che è stata inaugurata lo scorso 24 giugno e che si chiuderà il prossimo 22 luglio allo Studio PBaa di Palazzo Naselli in via del Fervore, una traversa di via Sammartino in pieno centro a Palermo, non lontano da via Dante. Ed è visitabile gratuitamente ogni pomeriggio dalle 16.30 alle 19.30. Una mostra che potrebbe andare anche oltre i confini palermitani nei prossimi mesi.

Un “viaggio” crudo attraverso i “morti ammazzati” che narra senza fronzoli uno dei periodi più bui del capoluogo siciliano e della storia recente del nostro Paese quando la paura e l’orrore erano quotidiani nelle vie palermitane e del Palermitano.

Quando uno scatto fotografico racconta più di mille parole

L’evento racconta in modo diretto gli anni difficili della guerra di mafia nel capoluogo siciliano e nella sua provincia. In un periodo in cui certe questioni interne agli ambienti malavitosi si chiudevano con fatti di sangue protagonisti delle prime pagine dei quotidiani locali e nazionali. E, indirettamente, racconta anche come sia cambiato il metodo di lavoro. Immagini forti e potenti, senza censura. Inconcepibile (o quantomeno parecchio limitato) nel mondo odierno dei social.

Macelleria Palermo, un percorso in 44 fotografie

Il tutto è raccontato attraverso 44 fotografie in un percorso che inizia il 16 dicembre del 1986 e si chiude il 30 agosto 2003. Una sorta di “antologia” in un archivio immenso. Immagini e didascalie scritte ma comprese anche di audioguida scaricabile attraverso il codice Qr dei cellulari accompagnano in un viaggio violento e crudo ma dall’indubbio valore storico.

Si parte con il misterioso ed irrisolto omicidio di Ung Park Chun, in via Petrarca a Palermo. Park Chun era un agopuntore. Fu assassinato a colpi di pistola ma non si è scoperto né il movente, né l’assassino. Il cammino si conclude il 30 agosto 2023 con Antonio Pellicane, freddato con colpi di calibro 38. Una vera e propria mattanza.

In mezzo tantissime storie – alcune ancora misteriose – e vite spezzate violentemente come quella di Mario Giovanni Prestifilippo, uno dei killer più spietati di cosa nostra accusato di centinaia di omicidi tra cui quello del presidente della Regione Piersanti Mattarella, del capo della squadra mobile Boris Giuliano e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa all’epoca prefetto di Palermo, freddato a Bagheria il 29 settembre 1987 all’imprenditore che si ribellò al pizzo Libero Grassi, ucciso a fine agosto del 1991. Ma viene riportato – e ricordato – anche un macabro avvertimento in stile “Il Padrino”: quando la realtà copia e supera la finzione cinematografica. Ogni delitto ha la sua storia, le sue sfumature, i suoi aneddoti con dettagli immortalati anche raccapriccianti.

Lannino,”Giusto ricordare e far conoscere questo periodo storico”

Franco Lannino, fotoreporter palermitano che ha vissuto in prima linea quel periodo raccontando con le proprie fotografie pubblicate in quotidiani e riviste la cronaca di quegli anni parla del perché abbia voluto realizzare questa mostra dai contenuti forti anzi, dai “contenuti sensibili” come si definisce oggi per avvertire il pubblico che quanto sta per vedere può urtare.

Queste le sue parole: “L’idea nasce dal fatto che mi sono accorto parlando con 40enni o persone di mezza età che questa storia è poco nota nel senso che chi l’ha vissuta naturalmente la ricorda bene. Chi è nato in quegli anni, e parlo degli anni ’90 ha pochi ricordi chi è nato dopo il 2000 non ha nessun ricordo e nessuna contezza di questo che era l’orrore in cui la città era caduta per colpa della mafia. Ho voluto coprire questo gap, questa carrellata di ‘morti ammazzati’, così si chiamavano in gergo giornalistico. Palermo all’epoca era definita la città dei 100 morti perché ogni anno c’era questo numero di omicidi”.

E continua: “Questa carrellata serve ad immergersi nell’orrore di quei tempi per far conoscere a chi non conosceva, chi non ricordava o chi non voleva ricordare fatti di storia che secondo me deve essere vista e raccontata. I ricordi sono vividi, visto che li ho vissuti in prima persona. Tutta la società cosiddetta civile, quindi tutte le brave persone, hanno questi ricordi perché è stato il momento più buio del nostro Stato, della nostra Repubblica italiana, per noi siciliani poi è stato terribile perché abbiamo toccato con mano questa piovra che stava avvinghiando e vincendo questa guerra. Per fortuna poi c’è stata la risposta dello Stato che – mi piace sottolineare – venne guidata dal popolo che ha letteralmente tirato le orecchie allo Stato”.

E poi un accenno a come sia cambiato il lavoro di fotoreporter attraverso la tecnologia che letteralmente stravolto le modalità di un lavoro difficile. Se all’epoca dei fatti raccontati in Macelleria Palermo il modo in cui arrivare al posto “caldo” aveva mille passaggi tra “soffiate” per raccogliere le informazioni giuste ed arrivare per primi sul luogo del delitto, alla metodologia della fotografia. Dal singolo scatto che doveva essere efficace e senza troppe possibilità di repliche, alla fotografia digitale ed istantanea con i cellulari. Se prima infatti si correva prima per arriva sul luogo e poi per sviluppare gli scatti ed inviare le fotografie alle varie redazioni, adesso questi ultimi tempi sono azzerati con gli smartphone.

“È un lavoro che non esiste più – sottolinea Lannino – ed è stato – e rimaniamo in tema – letteralmente ammazzato dalla tecnologia. Adesso col digitale siamo tutti noi fotoreporter. In realtà il mestiere non esiste, si è frammentato in mille rivoli e sicuramente più avanti cambierà. Si dovrà andare avanti. Dico solo l’ultima, con la nuova frontiera dell’intelligenza artificiale. Chissà, dove ci porterà, magari a costruire e realizzare le fotografie nella nostra mente ed a renderle fruibili”.