E’ stato il primo photoreporter ad arrivare sul luogo della Strage di Capaci, il 23 maggio di 31 anni fa. Franco Lannino, insieme a Michele Naccari, con Studio Camera ha scritto la storia del fotogiornalismo in Sicilia e in Italia.  A 31 anni dalla strage che causò la morte di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e degli uomini della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo, il photoreporter Franco Lannino ha ricordato a Talk Sicilia le emozioni di quei giorni terribili.

La foto del dibattito di Paolo Borsellino il 25 giugno 1992

Dopo Capaci nulla è stato come prima, ed anche giornalisti e fotografi sono stati avvolti in quel cono plumbeo, nei giorni che Cosa Nostra e “menti raffinatissime”. Poco più di un mese dopo la strage di Capaci, Paolo Borsellino è il protagonista principale di un dibattito che si tiene alla Biblioteca Comunale di Palermo. Sul palco dei relatori, quella sera del 25 giugno, al fianco del magistrato ci sono Flores D’Arcais (direttore di Micromega), Leoluca Orlando, Tano Grasso, Saverio Lodato, Nando Dalla Chiesa e Alfredo Galasso.

Lannino e Naccari sono lì, in prima fila, a riprendere il volto di Paolo Borsellino. “Aveva il volto terreo” – racconta Lannino – “si capiva dalla sue parole che era sfiduciato e in quel discorso che non esito a definire epico lanciò accuse pesante. Il clima a Palermo era pesante. Borsellino aveva capito di essere il prossimo bersaglio, lui lo sapeva che sarebbe stato il prossimo ad essere ucciso”.

Michele Naccari

Quella sera Borsellino delineò il contesto in cui la strage di Capaci era maturata. Per il magistrato che poi sarà ucciso dalla mafia il 19 luglio dello stesso anno, “L’organizzazione mafiosa, quando ha preparato ed attuato l’attentato del 23 maggio, l’ha preparato ed attuato proprio nel momento in cui, a mio parere, si erano concretizzate tutte le condizioni perchè Giovanni Falcone, nonostante la violenta opposizione di buona parte del Consiglio Superiore della Magistratura, era ormai a un passo, secondo le notizie che io conoscevo, che gli avevo comunicato, che egli sapeva e che ritengo fossero conosciute anche fuori dal Csm, dal diventare direttore nazionale Antimafia. Ecco perchè, quando Caponnetto dice che Giovanni cominciò a morire nel gennaio del 1988, aveva proprio ragione”.

 

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