Il Pm della Dda di Palermo Francesca Mazzocco ha chiesto la condanna complessivamente a oltre mezzo secolo di carcere per sei esponenti mafiosi del clan di Bagheria.

La pena più alta, 20 anni, è stata chiesta per Carmelo Bartolomeo, capomafia della cosca bagnereste. Dodici anni sono stati o chiesti per Pietro Flamia, sette per Luigi Di Salvo e Rosario La Mantia, sei per Alessandro Vega, due per Antonio Lepre.

Sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa ed estorsione. Per il settimo imputato, Gioacchino Di Bella, è stata chiesta l’assoluzione. Il processo nasce da un’inchiesta della Dda denominata Reset due.

Il processo nasce da un’inchiesta che a novembre 2015 portò in carcere 22 tra boss e gregari di Cosa nostra. Dall’indagine, resa possibile anche da una sorta di ribellione delle vittime del racket, emerse che alla “legge” del “pizzo” non sfuggiva nessuno.

Secondo la regola, ormai tradizionale, del “pagare tutti per pagare poco”. In 36 decisero di parlare con gli inquirenti. Alcuni spontaneamente, altri dopo essere stati convocati dai carabinieri. Una sorta di ribellione di massa in un territorio “storicamente soggiogato da Cosa nostra”. All’indagine collaborarono diversi pentiti: Sergio Flamia, ex pezzo grosso della cosca, Stefano Lo Verso e Antonino Zarcone che, confermarono ruoli e metodi degli estorsori accusati dalle vittime. Dall’inchiesta emersero storie drammatiche, come quella dell’imprenditore edile che aveva cominciato a pagare quando ancora c’erano le lire. Quasi 30 anni di pizzo che l’ha costretto sul lastrico.

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