“Chi è stato intercettato o risulta aver avuto una conversazione con un affiliato alla locale famiglia mafiosa non è candidabile alle elezioni regionali, provinciali e comunali”. Lo ha stabilito con una sentenza la Corte di Cassazione.

Il caso su cui sono intevenuti i giudici del Palazzaccio riguarda un ex consigliere comunale di Misilmeri e riguarda fatti accaduti in Sicilia nel 2010. Nel corso di una intercettazione ambientalw, registrata dalle forze dell’ordine, il politico chiedeva di essere sostenuto da un mafios alle imminenti elezioni in cambio, se il numero di preferenze ottenute fosse stato rilevante, della vicepresidenza del consiglio comunale. Dalla conversazione è emerso anche che l’ex consigliere avesse fatto pressioni sull’iter di realizzazione del piano regolatore del piccolo centro. Su questo si è basata la Corte d’Appello per motivare la sua incandidabilità.

Quindi, secondo la Corte di Cassazione, che ha confermato la decisione della Corte d’Appello di Palermo, “collegamenti inquinanti” tra amministratore e criminalità organizzata emersi sono sufficienti a decretare l’incandidabilità del soggetto in quanto elementi concreti, univoci e rilevanti che rendono tangibile la prospettiva di ingerenze illecite nelle attività dell’ente pubblico.

La sentenza ammette a livello probatorio anche forme di condizionamento tali da alterare il “procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi o amministrativi degli enti che compromettano buon andamento, imparzialità o regolare funzionamento dei servizi pubblici”.