All’altare col fidanzato di sempre, il boss Salvino Madonia detto “occhi di ghiaccio”, è andata il 23 maggio 1992. Mentre a Capaci il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della scorta morivano, Mariangela Di Trapani sposava il suo uomo, già ergastolano, nel carcere palermitano dell’Ucciardone.
“La gran signora”, la “padrona di casa” la chiamavano con rispetto, ma non risparmiandole critiche in privato, gli uomini d’onore che da lei prendevano ordini. “La picciridda” era il soprannome affettuoso che le aveva riservato il fratello Nicola, boss come boss era stato il padre, Francesco Di Trapani. Una tradizione mafiosa di famiglia a cui Mariangela non si è mai sottratta.
Oggi “la padrona di casa” è tornata in carcere. Con lei sono stati arrestati 24 mafiosi del potente clan di San Lorenzo e Resuttana, accusati di mafia, estorsioni, favoreggiamento nell’ultimo blitz che ha decapitato due dei mandamenti più ricchi della città. Mariangela Di Trapani aveva già scontato otto anni di carcere per aver portato all’esterno gli ordini del marito, killer dell’imprenditore Libero Grassi, detenuto al 41 bis.
Appena uscita, scontata la pena, si è messa subito “al lavoro”. Arrivando a condizionare scelte fondamentali per il mandamento di Resuttana come quella della designazione del vertice. Mariangela aveva sponsorizzato Giovanni Niosi, pompiere con la passione per il cinema – ha impersonato un mafioso in Blu Notte di Lucarelli – anche lui finito in carcere e poi liberato.
“La gran signora” aveva fatto pressioni per la sua nomina contro diversi uomini d’onore che non ritenevano Niosi all’altezza. Il designato aveva avuto problemi di gestione delle casse del clan in passato e aveva patteggiato una condanna per estorsione: “una colpa, una violazione imperdonabile del codice mafioso che vieta qualunque ammissione di aver fatto parte di Cosa nostra”, spiega il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi che ha coordinato l’indagine. Niosi prima riabilitato, poi nominato capo grazie alla donna, non si è rivelato, però, all’altezza del compito ed è stato “messo in pensione” e sostituito da un triumvirato.
“Se lo mangia cotto e crudo”, dicevano due uomini d’onore intercettati riferendosi alle giustificazioni che il pompiere, anche lui tra gli arrestati, avrebbe dovuto dare alla capomafia. Quella che emerge dall’inchiesta dei carabinieri è una Cosa nostra “azzoppata”, ma non vinta.
“Qua mancano 100 cristiani”, dicono due indagati riferendosi ai blitz che negli anni hanno azzerato manovalanza e vertici delle cosche. C’è dunque l’esigenza di ricorrere a nuove leve che, però, nuove non sono, perché la mafia preferisce vecchi personaggi con esperienza.
“Qua non c’è più niente non si piglia più niente, dobbiamo rimettere in piedi tutto”, si dicono due indagati riferendosi alla necessità di rimettere su la rete delle estorsioni. “Il racket continua a colpire tutti – spiega Lo Voi – Perché i soldi servono a mantenere le famiglie dei detenuti, ma anche a finanziare nuove attività”. E commercianti e i prenditori pagano – da 500 a decine di migliaia di euro – senza fiatare e senza denunciare i danneggiamenti. “Quello paga da 50 anni”, sussurra un boss riferendosi al Bar Alba, bar storico della città.
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