Palermo

Morì dopo aver chiesto aiuto a tre ospedali, medici assolti, mezzi pronto soccorso insufficienti per diagnosticare patologia letale

Era stato indicato come un caso di malasanità ed era finito sulla stampa con il racconto di una malattia cardiaca non diagnosticata nonostante numerose visite e la peregrinazione fra vari ospedali. A distanza di sei anni e dopo indagini, richieste di archiviazione e una imputazione coatta disposta dal gip contro il parere della pubblica accusa, per la giustizia non ci fu malasanità

Il giudice della terza sezione penale del Tribunale di Palermo Alessia Lupo ha assolto i medici Giuseppe Follone e Maria Raccuglia nel processo sulla morte di Simona Lorico, 37 enne palermitana cassiera di un supermercato morta nell’aprile del 2018 dopo essere stata visitata da diversi dottori in tre ospedali diversi.

L’imputazione coatta

Dopo numerosi accertamenti e indagini il gip aveva disposto l’imputazione coatta nei confronti di Follone e Raccuglia, medici dell’ospedale Ingrassia di Palermo, con l’accusa di omicidio colposo della paziente archiviando, invece, l’indagine per altri tre sanitari. Adesso anche per i due medici finiti a processo difesi dagli avvocati Demetrio Basso e Salvatore Alberto Zammataro, Marianna Raccuglia e Gabriella Cadelo è arrivata l’assoluzione perché il fatto non sussiste.

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Accolte le tesi difensive dei legali

I giudici hanno condiviso la ricostruzione degli eventi effettuata dalla difesa e ritenuto che non ci fu dolo ne, di conseguenza, omicidio colposo perché l’evento mortale fu improvviso “Sono state accolte le tesi difensive – spiegano i legali – e accertato che la morte è stata dovuta ad una crisi cardiaca improvvisa. Del resto anche la procura in sede di indagine aveva chiesto l’archiviazione anche per i nostri assistiti”.

La donna stava male e si era rivolta prima all’ospedale Ingrassia e poi al Civico e, infine, al Policlinico. Il pm aveva chiesto l’archiviazione per tutti, sulla base delle indicazioni dei consulenti e ritenendo che la dissezione aortica (disfunzione cardiaca accertata dopo la morte) non fosse diagnosticabile con gli strumenti a disposizione nei pronto soccorso, ovvero l’elettrocardiogramma e la radiografia.

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