Inopportuno proiettare in uno spazio parlamentare un docu-film che ricostruisce la vita di un indagato. Provocatorie le parole di Vittorio Sgarbi, provocatoria l’iniziativa ed anche le parole del presidente dell’ars Gianfranco Miccichè.
Si riassume così lo scontro avvenuto in questi giorni a Palermo sulla scelta del Presidente Miccichè si dare la propria adesione all’idea dell’assessore Vittorio Sgarbi di far proiettare nella sala Mattarella dello storico palazzo dei Normanni che ospita il parlamento siciliano, il docu-film di Ambrogio Crespi sulla vita del generale Mario Mori.
Ma perchè tanta animosità sulla proiezione di un film documento? Se la risposta è chiara agli addetti ai lavori, lo è probabilmente meno a chi ha assistito a questa polemica restando basito.
Quello che è successo all’Ars è stato un nuovo confronto puramente ideologico fra i sostenitori e i detrattori del generale Mori, fra una parte politica che lo considera un eroe, un uomo dello Stato e come tale intoccabile ed una parte politica che lo considera, invece, un imputato. Ma anche in questa seconda fascia ci sono posizione diverse. I 5 stelle lo considerano un imputato di gravi delitti perseguito da Nino Di Matteo, Pm palermitano da sempre vicino alle posizioni pentastellate (e viceversa). Per il Pd, invece, è stata solo una caduta di stile, una questione di opportunità. Insomma Mori entri in Parlamento solo dopo che avrà chiarito la sua posizione.
Ma chi è il generale di divisione Mario Mori? E’ un alto ufficiale dei carabinieri in servizio dal 1959 fino al 2006, un uomo che oggi ha 78 anni e che negli anni più difficili d’Italia è stato comandante del reparto radiomobile a Palermo, Comandante della Regione carabineri in Lombardia, comandante del Ros il raggruppamento operativo speciale dei carabinieri durnate la cattura di Totò Riina, e direttore del Sisde, i servizi segreti interni italiani dal 2001 al 2006.
Ma Mario Mori è stato anche imputato per la mancata perquisizione del covo di Riina e oggi è imputato per la trattativa Stato mafia. Nel primo processo è stato assolto in primo e secondo grado e si attende la cassazione, nel secondo siamo ancora al primo grado.
Lo scontro sta tutto qui, nelle ideologie. Per Sgarbi, Miccichè e l’intero centrodestra Mori è un eroe, un servitore dello Stato. Guardano a tutta la prima parte della sua carriera e poi guardano alle accuse. Quali che siano Mori ha agito da uomo dello Stato, pensano i suoi sostenitori, e dunque metterlo sotto processo è un attacco eversivo allo Stato, una persecuzione nei confronti di un eroe.
Opposta la visione di Nino Di Matteo che lo accusa, dei 5 stelle che lo sostengono per i quali è un imputato detentore dei segreti inconfessabili d’Italia. E poi c’è il Pd per il quale era solo inopportuno invitarlo.
Ma Sgarbi sapeva bene cosa sarebbe accaduto, la ridda di polemiche che avrebbe causato questa scelta e a tutti ricorda che il docu-film di Crespi non è sbarcato ieri per la prima volta in un’aula Parlamentare. Era già stato proiettato alla Camera dei deputati con poche se non nessuna polemica.
Far parlare era l’obiettivo, perfettamente centrato. Il dibattito è aperto ed è tornato vivo
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