Manifestazione alla caserma Lungaro ala presenza delle più alte cariche dello Stato e delle forze dell’Ordine. Erano presenti oltre al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, tra gli altri il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, il presidente della Camera Roberto Fico, il capo della polizia Lamberto Giannini, il comandante dei carabinieri generale Teo Luzi.
Il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella
“In questo luogo ogni anno si rinnova il ricordo della strage di Capaci e di via D’Amelio. Ogni anno coinvolgendo studenti di tutta Italia rinnovando la vicinanza di tutto il nostro popolo nel ricordo delle vittime e della solidarietà dei loro familiari. Qui con la lapide e adesso con la teca che custodisce in maniera fortemente coinvolgente i resti della “Quarto Savona Quindici” vi è un ricordo permanente di entrambe le stragi e delle sofferenze e delle vite sconvolte costituisce una delle motivazioni che donne e uomini della polizia di stato avvertono nel loro impegno per tutte le forze dell’ordine nel ricordo dei loro tanti caduti e dei loro familiari.
Ma la mia presenza qui è la corona deposta poc’anzi davanti la lapide può testimoniare che questo ricordo appartenga all’intera repubblica, alle sue istituzioni e ai cittadini. La memoria è un dovere che non riguarda soltanto la polizia di stato, carabinieri, guardia di finanza o gli altri corpi dello stato. Riguarda la Repubblica che ha il dovere di custodirla con grande riconoscenza e solidarietà per i familiari. Questo è il momento del ricordo che si sottolinea con quanto rimane di quell’auto. È un ricordo che rimane nell’animo dei nostri concittadini”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Lungato poco prima di svelare la teca che contiene la Fiat Croma distrutta dal tritolo della mafia.
Tina Montinaro: la Quarto Savona Quindici simbolo di memoria
“Non solo le nostre famiglie ma anche la polizia di stato è stata profondamente ferita. Mai ci ha fatto mancare il suo supporto e il suo affetto. Il tritolo signor presidente è entrato in casa mia ma da allora gli occhi, il cuore, il pensiero di mio marito Antonio, un giovane padre di 29 anni camminano attraverso me e i miei figli. Il mio impegno personale è di onorare la memoria dei caduti della polizia di stato attraverso dialogo costante con i giovani anche con quartieri più a rischio. Tanti progetti portati avanti perché la mafia si combatte con la cultura”. Lo ha detto Tina Montinaro, moglie di Antonio uno dei tre agenti morti nella strage di Capaci.
“La Quarto Savona Quindici è un simbolo. Ogni volta scrive con noi e per noi una pagina importante e nuovo della storia. Un grande grazie al compianto capo della polizia Antonio Manganelli che ebbe l’intuizione di assecondare la mia richiesta di affidamento di ciò che era rimasto della autovettura di scorta che ricorda il sacrificio di quei giovani. Grazie all’ ex capo Franco Gabrielli. La teca, memoria sono parte integrante di un progetto ambizioso ma non impossibile. Educare i giovani alla legalità attraverso la memoria. – continua Tina Montinaro – Sono grata all’attuale capo della polizia Lamberto Giannini, persona sensibile e presente tra i suoi poliziotti per essere qui per sostenere con entusiasmo le nostre iniziative. Ringrazio il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese da sempre attento ai temi della legalità e all’importanza di commemorare gli eventi del passato affinché siano seme ed impegno per le generazioni di domani. Ogni piazza oggi conosce il valore e la testimonianza della nostra presenza. Quell’esserci sempre della polizia di stato che io e i miei figli portiamo nel cuore ovunque e da sempre. La memoria è fondamentale, importante a differenza del ricordo non rappresenta solo un’immagine di qualcosa che è stato, ma ne fissa nell’umanità l’idea. Generando cultura, conoscenza e alimentando riflessioni”.
Il messaggio del questore di Palermo Leopoldo Laricchia
“Grazie di cuore signor Presidente per aver voluto celebrare questo giorno con le donne e gli uomini della Polizia di Stato di Palermo, nel luogo più significativo, la Caserma Pietro Lungaro, da cui quotidianamente partono più di mille lavoratori della Polizia di Stato per presidiare le strade di Palermo e della sua provincia a garanzia della sicurezza dei cittadini.
Questo luogo per i poliziotti di Palermo è più di un ufficio, è un luogo quasi familiare dove, ben oltre l’orario di servizio, ciascuno trascorre gran parte della sua giornata. Ma soprattutto è un luogo della memoria, carico di un profondo significato che interpella intimamente ognuno di noi poliziotti sulla motivazione etica della scelta di servizio e di vita, rendendola ogni giorno più salda, possiamo definirlo un luogo che porta in sé una sacralità, espressa in simboli: il Tricolore, la lapide che fa memoria dei caduti delle due stragi e questa teca, oggi rinnovata, che contiene ciò che rimane della Quarto Savona 15, l’auto di scorta che anticipava quella dei magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e dove hanno trovato, in un attimo, la morte Antonio, Rocco e Vito il 23 maggio di 29 anni fa. Da questo luogo, Signor Presidente, uscirono i nostri ragazzi, quel tragico 23 maggio, per l’ultima volta”. Lo ha detto il questore di Palermo Leopoldo Laricchia alla caserma Lungaro.
Il capo della polizia Lamberto Giannini
“Rivolgo un saluto alle autorità convenute e a tutti i presenti. Per la prima volta partecipo alle celebrazioni di questa giornata, che è simbolo di lotta per la legalità e ricordo di chi ha dato la vita per garantire al paese un futuro di giustizia e di libertà. La memoria è sempre viva. Ricordo come fosse ieri lo sconcerto alla sala operativa della questura di Roma dove all’epoca prestavo servizio quando arrivò la terribile notizia. Dolore, rabbia, fortissima volontà di continuare a servire il paese più intensamente seguendo il luminoso esempio dei nostri martiri. Giovanni, Paolo, Francesca, Rocco, Vito, Antonio, Walter Eddie, Claudio, Emanuela, Vincenzo e Agostino continuano ad essere per noi l’esempio di ciò che significa vivere in nome di un principio nella più completa consapevolezza dei rischi che si corrono. Voglio ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile la seconda vita della Quarto Savona Quindici a partire da Pina Montinaro perché questa è la potenza del ricordo e la forza di chi si impegna a tenerlo sempre vivo, diffonde e plasma una memoria condivisa. Colgo l’occasione per esprimere sentimenti di vicinanza più sinceri verso i familiari dei caduti e Antonio sopravvissuto a questo tragico evento che ha lasciato segni indelebili nella sua coscienza. Questa teca e questi anniversari che siano un momento di riflessione per rientrare nella corsa delle nostre giornate. Senza però la prospettiva offuscata dalla quotidianità, ma con la visione limpida di quello che deve essere il nostro obiettivo, quello che deve essere il modo sereno di svolgere il nostro compito per assicurare giustizia e legalità”. Lo ha detto il capo della polizia il prefetto Lamberto Giannini alla caserma Lungaro dove è stata svelata la teca dove è conservata la Fiat Croma distrutta dall’esplosivo della mafia.
Il ministro degli Interni Luciana Lamorgese
“La cerimonia di oggi ci riporta con la mente allo sgomento di quel 23 maggio di circa 30 anni fa. Inaudita ferocia con cui venne cancellata l’esistenza di donne e uomini dello stato lasciò il nostro paese nello sbigottimento seminando angoscia e dolore. Fu un colpo durissimo inferto alla democrazia ed è una ferita ancora aperta per la comunità nazionale e per le famiglie delle vittime. La Sicilia diventava uno scenario terribile dopo le uccisioni che avevano visto cadere negli anni precedenti tanti capaci e fedeli servitori dello stato. In un lungo e luttuoso elenco che è parte della nostra memoria collettiva. Le istituzioni e la società che sembrava smarrita di fronte all’agghiacciante attacco delle stragi mafiose reagirono con determinazione e lucidità. L’eccidio di Capaci si considerò come ebbe a dire il ministro della giustizia in carico a quei tempi il peggior affare che avessero potuto concepire i capi della mafia corleonese. Molti di essi furono arrestati processati condannati recidendo una delle espressioni della criminalità organizzata che l’Italia repubblicana ricordi”.
Lo ha detto il ministro degli Interni Luciana Lamorgese. “Davanti a noi tra poco scopriremo i resti della Quarto Savona Quindici e il nome in codice della vettura in cui viaggiava la scorta di Giovanni Falcone di Francesca Morvillo e che aveva a bordo Rocco Dicillo, Antonio Montinaro Vito Schifani. Il groviglio di queste lamiere di fronte a cui ci inchiniamo non è il simbolo di una sconfitta come avrebbe voluto la disumana ferocia mafiosa – ha aggiungo il ministro degli Interni – Rappresenta il principio di una grande pagina di riscossa civile. La criminalità organizzata è stata considerata da quel tempo anche dalle nostre leggi un’insidia e una minaccia non inferiore a quella portata dal terrorismo al territorio dello stato. Il fiorire a Palermo in Sicilia in tutto il paese di iniziative animate dall’intento di dar voce all’Italia onesta fiera della sua rettitudine e al suo ripudio della mafia.
Rappresenta il frutto più maturo di una coscienza civile di cui dobbiamo essere orgogliosi. Abbiamo oggi organizzazioni fondazioni associazioni che si battono in vari campi che si battono con le armi pacifiche del diritto per una società finalmente libera dal ricatto mafioso. Nate per moto spontaneo, sono attività che esprimono un attivismo solidale in cui si manifestano in maniera limpida i valori profondi della nostra Costituzione. Il più grande segnale che si possa dare alla criminalità organizzata è farle percepire con nettezza e con forza l’inarrestabile prosciugamento del consenso popolare su cui riposava questo contropotere. Colpirla nella sua illusione di eternità. È una battaglia di civiltà anche assistere le vittime di mafia, farle percepire la nostra concreta solidarietà, aiutarle a venir fuori dal grave disagio in cui versano e sottrarle all’isolamento a cui sarebbero destinate e che le renderebbero doppiamente vittime. Penso anche alle donne delle famiglie mafiose che vogliono sottrarre i loro figli e se stesse dall’ambiente omertoso che li circonda. Hanno bisogno del nostro sostegno per guadagnare la speranza di un futuro diverso.
È una strada lunga che non ammette scorciatoie. Stricata di difficoltà di fronte ai quali non dobbiamo sentirci impotenti. Dobbiamo essere tuti uniti solo così potremo percorrerla fino in fondo senza che nessuno venga lasciato solo. Signor presidente rappresenta l’unità nazionale. La sua partecipazione a questo evento è un messaggio di solidale coesione del paese che si stringe attorno e vicino alle sue vittime e ai loro familiari. È il modo più intenso e solenne con cui le istituzioni e la società civile rinnovano unite in sua presenza il comune impegno perché i valori di libertà , di giustizia, di pace e di uguaglianza che sono il lievito della nostra convivenza, restino sottratte all’oltraggio delle mafie”.
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