La prima sezione della Corte di Appello di Palermo ha confermato tre condanne per un funzionario del Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria, Salvatore Torcivia, per l’imprenditore Francesco Spezia e per il suo collaboratore Giuseppe Pilato. Il primo è stato condannato a 2 anni, Spezia e Pilato 3 anni a testa.
I tre sono coinvolti in una indagine parallela all’inchiesta di mafia, Eden, eseguita nei confronti di fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro. Il reato contestato ai tre è di corruzione, legato a lavori di ristrutturazione del carcere dell’Ucciardone.

I giudici di secondo grado hanno confermato quanto deciso nel primo grado di giudizio. Adesso i difensori, gli avvocati Teresa Re, Andrea Dell’Aira, Lia Zarcone e Umberto Coppola, si sono riservati il ricorso in Cassazione. Lo riporta il Giornale di Sicilia.

Nell’inchiesta, nata da un’indagine della dda sul clan del capomafia ricercato, che portò all’arresto anche della sorella Patrizia, finì pure Giuseppe Marino, altro funzionario del provveditorato che avrebbe intascato una mazzetta per agevolare la ditta. Marino, che ha fatto l’abbreviato ed è già stato condannato, è figlio di un ex magistrato palermitano. Secondo il pm, Torcivia avrebbe affidato direttamente ad una impresa due appalti, uno da 44 mila euro, l’altro da 37 mila, per realizzare un impianto di sicurezza e un impianto termico nel carcere. In una intercettazione il geometra Pilato chiede al funzionario: “Me lo dice lei che ribasso dobbiamo mettere?”.

“Torcivia – dicono i magistrati – interveniva ancora prima che venisse predisposto un bando di gara ovvero una qualsivoglia procedura volta ad ottenere da parte dell’ ente appaltante le condizioni migliori e al miglior prezzo”. Nella parte che coinvolse Marino, invece, l’inchiesta ipotizzava che, in cambio di una mazzetta, Marino avesse affidato con la procedura della somma urgenza lavori per 162 mila euro a Spezia per realizzare una cucina in un’ala del carcere.