Minacciati, oltraggiati e aggrediti. Dicono basta gli educatori dell’amministrazione penitenziaria, costretti a lavorare in condizioni di estremo disagio. Gli ultimi episodi di Ariano Irpino e Sulmona, verificatisi ai danni del personale di Polizia Penitenziaria, rappresentano la spia di una situazione di criticità che ha ormai raggiunto il livello di guardia.
Dopo aver costituito il coordinamento dei funzionari “giuridico-pedagogici”, hanno chiesto alle organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria di avviare un’azione comune per attivare sinergie tra i diversi operatori e migliorare un servizio pubblico indispensabile all’interno delle case circondariali.

“La riforma penitenziaria, apprezzabile per alcuni aspetti e meno per altri  – osserva il presidente dell’Associazione nazionale Funzionari del Trattamento, Stefano Graffagnino, che lavora nel carcere di Caltanissetta –  non ha previsto alcun riconoscimento per il ruolo di tutti gli operatori che lavorano a contatto con il detenuto. Una scelta incomprensibile. E’ urgente unire le posizioni e parlare con una sola voce”.

“Il funzionario giuridico-pedagogico – aggiunge Graffagnino – non è un “civile” come gli altri. Sullo stesso grava parte della responsabilità della restituzione alla società libera dei detenuti o della permanenza in carcere degli stessi. In molte strutture vive a contatto con i detenuti molte ore al giorno,  percepisce i loro disagi e frustrazioni e fronteggia le loro recriminazioni.  Gli operatori della sicurezza condividono con noi un contesto difficile, usurante, pericoloso. Da qui la necessità di sviluppare una strategia solidale.

Il coordinamento, diventato nel frattempo “Associazione Nazionale funzionari del trattamento”, preso atto della costituzione del nuovo governo, chiede adesso di interloquire in maniera più efficace con i vertici politico-amministrativi del Ministero della giustizia, per affrontare e risolvere le tante contraddizioni che presenta il sistema carcerario, esplicitate più volte anche dal Consiglio d’Europa”.