Valeria Lembo morì per una dose killer di chemioterapia all’ospedale Policlinico di Palermo. Un errore fatale che portò a somministrale dieci volte la dose necessaria secondo quanto sarebbe stato accertato in sede processuale con il pronunciamento di condanne penali in primo e secondo grado.

Condanne per i medici, assoluzione per le infermiere

Ora i sanitari coinvolti nella vicenda sono stati condannati dai giudici della Corte dei conti d’appello presieduta da Giuseppe Aloisio. Il primario Sergio Palmeri è stato condannato a risarcire l’azienda sanitaria con 875 mila euro, l’oncologa Laura Di Noto e l’allora specializzando Alberto Bongiovanni dovranno pagare la somma ciascuno di 318 mila euro.

Le infermiere Elena Demma e Clotilde Guarnaccia sono state assolte.

I fatti

Era il 2011 quando a Valeria, mamma 34 enne di un bimbo di sette mesi, si sottopose a quel trattamento risultato fatale. Secondo le indagini le fu somministrato un farmaco chemioterapico in dose eccessiva, 10 volte quanto previsto dai protocolli. La Procura regionale della Corte dei conti di Palermo ha contestato, ai medici il danno erariale. L’ospedale Policlinico è stato condannato a risarcire i familiari con quasi due milioni di euro

La procura regionale della Corte dei conti aveva revocato la costituzione di un fondo creato dall’ex direttore del reparto di oncologia, proprio Sergio Palmeri, uno dei medici condannati in sede penale dalla corte d’appello di Palermo per la morte di Valeria Lembo.
Attraverso la costituzione del fondo patrimoniale con gli immobili di sua proprietà, in base a quanto sarebbe stato accertato dai finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria su disposizione del procuratore contabile Gianluca Albo, il medico avrebbe tentato di rendere inaccessibili all’erario i suoi beni.

La citazione di aprile 2021

La Procura contabile, con citazione a giudizio del 23 aprile 2021 aveva già esercitato l’azione revocatoria per neutralizzare gli effetti del fondo patrimoniale e rendere i beni del medico, in caso di condanna erariale, suscettibili di essere aggrediti e dunque tutelare il credito erariale per l’eventuale danno cagionato all’Azienda Ospedaliera rispetto al quale è stata effettuata la contestazione provvisoria di responsabilità (invito a dedurre) per un danno pari ad 1.940.000 euro contestato proprio a Sergio Palmeri e ad altri sanitari condannati in sede penale ovvero: Laura Di Noto, Alberto Bongiovanni, Elena Demma; e anche a Clotilde Guarnaccia assolta in secondo grado e su cui pende ricorso in cassazione.

Gli approfondimenti istruttori sul danno all’azienda sanitaria sono stati eseguiti dal nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale carabinieri di Palermo.

Le condanne in sede penale in appello

Lo scorso febbraio la Corte di appello di Palermo ha condannato per omicidio colposo a tre anni di carcere e altrettanti di interdizione dalla professione medica Palmeri, primario del reparto di Oncologia dell’ospedale universitario, l’oncologa Di Noto a due anni e tre mesi (2 anni di interdizione), e lo specializzando Bongiovanni a tre anni e cinque mesi (rispondeva anche di falso, per lui tre anni di interdizione dall’esercizio della professione).

Assolta per non avere commesso il fatto l’infermiera Clotilde Guarnaccia. In primo grado era stata condannata.

“Inaccettabile, vergognoso”: così fu definito quanto accadde alla povera Valeria. Fu una catena di errori a segnare la sua condanna a morte. Il tutto culminato con un numero 9 diventato 90. Tanti furono i milligrammi di antitumorale – la Vimblastina – iniettato nel sangue della paziente. Una dose dieci volte superiore a quella necessaria che non lasciò scampo a Valeria affetta di un linfoma di Hodgkin.
Di Noto era l’oncologa in servizio, mentre Bongiovanni era lo specializzando che cancellò dalla prescrizione lo zero davanti al nove. Un tentativo mal riuscito di nascondere la tragica verità. Di Noto non ha mai negato le proprie responsabilità ed infatti le sono state concesse le attenuanti generiche. Anche Bongiovanni ammise: “Sono stato io. Rileggo la prescrizione e la cartella, mi accorgo della discrepanza e cancello l’errore”.

Sei gradi di giudizio

Sono serviti sei gradi di giudizio e oltre 10 anni per chiudere (quasi) definitivamente il caso di Valeria Lembo, la mamma uccisa il giorno dopo il suo compleanno, il 29 dicembre del 2011, da un madornale errore medico: i medici del Policlinico, infatti, per uno zero in più aggiunto nella sua cartella clinica, le somministrarono una dose di 90 milligrammi di vinblastina (un farmaco chemioterapico) al posto di 9. La donna di 34 anni, madre da appena otto mesi in quel momento, morì tra dolori atroci per una avvelenamento senza precedenti nella letteratura scientifica. Stasera la terza sezione della Cassazione ha deciso di rigettare i ricorsi degli imputati. Mancava un giorno per far scattare la prescrizione.

L’ex primario del reparto di Oncologia del Policlinico, Sergio Palmeri, è stato così condannato a 3 anni, l’oncologa Laura Di Noto a 2 anni e 3 mesi (per lei però i giudici hanno deciso di annullare con rinvio soltanto l’aspetto legato alle pene accessorie) e l’allora specializzando Alberto Bongiovanni a 3 anni e 5 mesi. Unica assolta è l’infermiera Clotilde Guarnacci

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