Un’inchiesta è stata aperta dalla procura sulla morte di Giuseppina Battaglia, di 74 anni avvenuta nel reparto di pneumologia dell’ospedale Civico lo scorso 26 gennaio, ma dopo diversi ricoveri alla clinica Pasqualino Noto.

La denuncia è stata presentata alla polizia dal figlio Adriano Di Noto, operatore tecnico socio sanitario dell’ospedale Ingrassia di Palermo.

“La vicenda inizia nell’ottobre del 2017 – ha raccontato il figlio alla polizia – quando la madre è stata ricoverata presso la casa di cura Pasqualino Noto. Soffriva di severo dimagrimento, affaticamento nel respiro e nel deglutire.

Dopo gli accertamenti mia madre veniva dimessa dopo alcuni giorni dopo una serie di analisi e le veniva diagnosticato crisi depressiva e stati d’ansia”. Ma le condizioni della madre non miglioravano e così si passo con delle cure domiciliari.

“La decisione fu presa dal medico Stefano La Spada della casa di cura Pasqualino Noto che aveva seguito mia madre – aggiunge Adriano Di Noto – Ma le condizioni di mia madre non miglioravano e così il 30 giugno del 2018 l’abbiamo portata al pronto soccorso dell’ospedale Civico. Devo precisare che dall’ottobre del 2017 al giugno del 2018 mia madre ha perso 45 chili. Dopo il ricovero al Civico e le dimissioni giorno 8 gennaio siamo tornati alla clinica Pasqualino Noto per un nuovo ricovero”. La situazione precipita il 22 gennaio.

“Mia madre ha una crisi respiratoria tanto da essere trasferita in terapia intensiva nel reparto di cardiologia dello stessa clinica – continua il racconto del figlio – Dopo un consulto con alcuni medici il medico Stefano La Spada mi riferiva che mia madre aveva dei liquidi ai polmoni che faceva sospettare un edema polmonare. La diagnosi frutto di ipotesi fatta dal professore La Spada e non di riscontro di d’accertamenti diagnostici.

Chiedevo al professore se fosse il caso di ricoverare mia madre all’ospedale Civico, ma il dottore La Spada mi rassicurava. Il giorno dopo sono tornato in terapia intensiva e ho visto che la maschera d’ossigeno non era posizionata in modo corretto. Cerco di sistemarla, ma mi accorgo di una grossa tumefazione al naso. Il medico mi dice di non fare attenzione alla ferita visto che le condizioni della paziente si sono aggravate. A questo punto è lo stesso medico La Spada che mi consiglia il trasferimento all’ospedale Civico”.

La situazione è gravissima, ma l’ambulanza che deve portare Giuseppina Battaglia al Civico è solo con l’autista senza medico.

“Chiedo spiegazioni, visto la gravità della situazione e dopo le mie lamentele arriva il medico – aggiunge Adriano Di Noto – Arrivati al Civico mia madre veniva sistemata in un normalissimo letto con terapia d’ossigeno e termoventilazione. Facevo presente che mia madre poco prima era ricoverata in terapia intensiva. Il medico mi rispondeva che in base alla cartella clinica ricevuta la paziente era sofferente di crisi respiratoria e che si dovevano fare altre analisi per stabilire la diagnosi in attesa che la clinica spedisse la cartella clinica completa. Il primario della pneumologia Di Gesù ha visto mia madre l’indomani.

E solo alle 18.30 sempre una mia cugina che assisteva mia madre ha visto arrivare in ospedale un messo dalla clinica Noto con una busta che consegnava al primario. Non conoscono il contenuto della busta. So colo che le condizioni di mia madre si sono aggravate tanto che il 26 gennaio alle 19 è morta”.

Dalla clinica affermato che per la morte della donna non ci sono responsabilità dei medici.

“La Signora Giuseppina Battaglia veniva ricoverata su richiesta dei familiari e con proposta del medico curante presso la nostra struttura e si presentava fortemente debilitata per un severo dimagramento – si legge in una nota del dottore Stefano La Spada – Sono state adottate tutte le cure e le indagini del caso e per il sopravvenire di complicanze respiratorie del tutto imprevedibili, previo accordo con il reparto di Pneumologia dell’Ospedale Civico, veniva ivi trasferita insieme con la documentazione clinica di supporto ed accompagnata dal medico di reparto.
Riteniamo che l’operato dei sanitari che hanno avuto in cura la paziente sia assolutamente immune da qualsiasi censura”.