Detenuto agli arresti domiciliari ha chiesto di essere autorizzato a potersi recare in un centro per donare il seme alla moglie, procedura stabilita coi medici di un istituto di Medicina della riproduzione a cui la coppia si è rivolta per la fecondazione assistita.

Ma la corte d’appello di Palermo ha rigettato l’istanza, sostenendo che “l’evenienza non è tra quelle indispensabili di vita, non trattandosi di una esigenza di salute in senso stretto, men che meno grave e urgente”. E’ accaduto a Francesco Mazzè, 36enne palermitano, condannato a 5 anni per tentato omicidio.

Le parole dell’avvocato

Il detenuto ha già espiato 3 anni e 7 mesi ed ora è agli arresti domiciliari. “Si nega in modo incomprensibile a una coppia di avere figli”, commenta il legale di Mazzè, l’avvocato Raffaele Bonsignore. La donazione del seme era stata fissata per il 15 luglio e il centro medico, che si trova in provincia di Catania, aveva scritto in un certificato che la data era “indifferibile e la prestazione urgente”.

I morti in carcere e le proteste

“Due morti annunciate nelle carceri siciliane, la prima, sabato scorso all’Ucciardone, di un detenuto gravemente malato che, nonostante le gravissime patologie di cui era affetto, continuava a restare nella struttura detentiva. La seconda nel carcere di Augusta, di un detenuto da molti mesi ormai in sciopero della fame. Fatti diversi che però testimoniano, in ugual misura come il “sistema giustizia” non sia in grado di gestire adeguatamente per una serie di concause a diversi livelli, giuridico, organizzativo, economico e soprattutto politico il dramma della detenzione carceraria”. Lo dice il presidente Giorgio Bisagna dell’associazione Antigone Sicilia.

Critiche allo Stato

“Non è ammissibile che in carcere e di carcere si debba continuare a morire. Lo Stato ha il dovere giuridico e morale di tutelare le esistenze di chi è trattenuto nelle strutture carcerarie – aggiunge Bisagna – Si assiste invece ad una “burocratizzazione” del problema dei suicidi in carcere che unito all’oggettiva carenza di assistenza psichiatrica e di personale dell’area educativa, continua a rendere le carceri luoghi oggettivamente inumani, dove, la pena da scontare non è solo la perdita della libertà, ma spesso anche la perdita della vita”.