Negli ultimi giorni si è parlato molto di occupazione. I numeri diffusi da Eurostat e Istat sono positivi: l’Italia ha toccato il tasso d’occupazione più alto della sua storia recente e la Sicilia mostra un incremento che non si registrava da anni. Governo e amministrazioni locali hanno letto questi risultati come prova di una ripresa solida. Ma la realtà è più sfumata: dietro i record restano squilibri territoriali marcati, produttività stagnante e nuova occupazione concentrata in attività a basso valore aggiunto.
Nel 2024 la Sicilia ha registrato un aumento del tasso di occupazione considerevole (+2 p.p. va 2023) attestandosi ad un valore di 50.7% nel 2024 (fonte Eurostat). Dati che vengono confermati anche da Istat che riporta un tasso d’occupazione pari a 50.1% (la differenza rispetto al dato Eurostat deriva dalla fascia di età considerata per il calcolo: Eurostat calcola queste statistiche per la fascia 20-64, Istat per la fascia 15-64).
Anche l’Italia ha registrato risultati occupazionali senza precedenti. Secondo Eurostat, il tasso di occupazione ha raggiunto il 67,1%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al 2023: è il livello più alto mai rilevato. Anche la disoccupazione è scesa, dal 7,7% al 6,5%, mentre la quota di giovani NEET (Non nell’istruzione, né nell’occupazione, né nella formazione) è diminuita al 15,2%.
A livello europeo, l’Unione ha confermato la tendenza positiva: il tasso di occupazione è salito al 75,8%, con una disoccupazione media del 5,9% e una quota di NEET intorno all’11%. Ma dietro la media si celano differenze profonde: Germania, Paesi Bassi, Danimarca e Austria si mantengono già sopra o intorno al target del 78% fissato per il 2030, mentre l’Italia continua a occupare le ultime posizioni in classifica.
Nord e Sud, due economie separate
I progressi complessivi non cancellano una frattura che appare sempre più strutturale. L’Italia rimane un Paese a due velocità: un Nord ormai allineato ai livelli del Nord Europa, e un Mezzogiorno che si colloca agli ultimi posti non solo nazionali, ma anche continentali.
Le differenze sono nette: la Provincia di Bolzano registra un tasso d’occupazione del 79,9%, la Valle d’Aosta del 77,6%, il Veneto e l’Emilia-Romagna del 75,6%. All’estremo opposto, la Calabria (48,5%) e la Campania (49,4%) restano le uniche regioni europee in cui meno della metà delle persone tra i 20 e i 64 anni lavora. La Sicilia, con un tasso del 50,7%, si colloca appena sopra quella soglia.
Come rileva Eurostat: “Nel 2024, il più basso tasso di occupazione in EU è stato registrato nell’Italia del sud – Calabria (48.5%) e Campania (49.4%) sono le uniche regioni dove sono impiegate meno della metà delle persone tra i 20 e i 64 anni” (Fonte: Eurostat, Labour Market Statistics at Regional Level)
Produttività: più lavoro, ma poco valore
L’aumento dell’occupazione, però, non si è tradotto in un aumento di produttività. La produttività del lavoro, misurata come PIL reale per ora lavorata, è rimasta sostanzialmente ferma. Negli ultimi trent’anni, la crescita media italiana è stata di appena +0,4% annuo, contro una media UE di circa +1,5%. Nel 2024, mentre la produttività media europea è aumentata leggermente (+0,3%), quella italiana è diminuita dell’1,4% (fonte: Eurostat).
La spiegazione è strutturale: l’aumento dell’occupazione si concentra nei settori a basso valore aggiunto – turismo, ristorazione, commercio, edilizia e servizi alla persona – dove ogni ora di lavoro genera poca ricchezza. È una crescita “quantitativa”, non “qualitativa”.
Il caso Sicilia
In Sicilia, tra il 2023 e il 2024, il tasso di occupazione è salito di due punti percentuali (dal 48,7% al 50,7%), ma secondo la Banca d’Italia il PIL reale è cresciuto solo dell’1,3%. In termini semplici, più persone lavorano ma la ricchezza prodotta per occupato resta quasi invariata. I nuovi posti si concentrano nei settori più tradizionali e meno produttivi, confermando la debolezza strutturale del tessuto economico isolano.
Un equilibrio fragile
La fotografia complessiva è chiara: l’Italia lavora di più, ma non produce di più. I progressi occupazionali sono reali, ma non bastano a garantire benessere duraturo. Finché gli incentivi pubblici continueranno a privilegiare la quantità del lavoro rispetto alla sua qualità – capitale umano, innovazione, tecnologie e produttività – il divario con il resto d’Europa resterà aperto.
Fonti
* Eurostat, Labour Market Statistics at Regional Level, 2024
* Eurostat, Employment and Unemployment by Age, 2024
* Istat, Occupati e disoccupati, dicembre 2024
* Banca d’Italia, Economie regionali – Sicilia, 2025






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