A coordinare le indagini è la direzione distrettuale antimafia. Del resto le modalità con le quali è stato ucciso Vincenzo Greco, incensurato di 36 anni palermitano ma residente a Belmonte Mezzagno lascerebbero pochi dubbi sulla pista mafiosa del delitto.
La firma del delitto sembra quella dei killer di mafia. L’uomo a bordo di un’auto affiancato e ucciso nelle campagne in Portella di Paglia. Zona isolata soprattutto di inverno e con il gran freddo di questo scorcio di gennaio.
Vincenzo Greco, 36 anni, sarebbe stato ucciso con nove colpi di pistola semiautomatica calibro nove. I primi colpi sono finiti sul parabrezza. Poi il manovale ha cercato di fuggire, ma è stato inseguito e ucciso.
Dopo i rilievi della sezione scientifica dei carabinieri tutte le ogive non sono state trovate. Nelle prossime ore sarà eseguita l’autopsia sul corpo del manovale ucciso ieri sera nelle campagne tra Belmonte Mezzagno e Santa Cristina Gela.
Tutto fa pensare ad un agguato di mafia, ma al momento i carabinieri del reparto operativo coordinati dalla dda non escludono nessuna pista. Per tutta la notte sono andati avanti gli interrogatori di amici e parenti.
Tra l’altro Vincenzo Greco è genero di Filippo Casella un uomo ucciso nel 1994 nel corso della guerra di mafia che ha insanguinato la zona tra Misilmeri, Belmonte, Bolognetta.
Tra le vittime più illustri, Pietro Lo Bianco, omonimo del ventiseienne fruttivendolo
assassinato il 21 gennaio del 2009.
Era l’uomo a cui Totò Riina aveva chiesto di uccidere Pietro Ocello, l’ex capo poco
gradito ai corleonesi. Lo Bianco eseguirà gli ordini, pagandoli con la vita
nel 2005. Insieme al suo guardaspalle, Salvatore Vitrano, furono inghiottiti dalla lupara bianca.
L’ordine di eliminarli sarebbe stato dato da Benedetto Spera che riportò la leadership
del mandamento a Belmonte Mezzagno. Cosa non gradita a Ciccio Pastoia, braccio destro di Provenzano, che avrebbe iniziato a fargli una guerra sotterranea.
Una circostanza raccontata recentemente dal pentito Giuseppe Greco, genero di Pastoia (ha sposato la figlia Lucia) che dall’aprile 2008 collabora con la giustizia.
È stato lui a rivelare i retroscena della guerra fra Spera e Pastoia, morto suicida in carcere probabilmente perché dalle carte dell’ordinanza Grande Mandamento emergeva che, dopo avere
perso il potere in nome e per conto di Provenzano, voleva soppiantare lo stesso capo di Cosa nostra. In mezzo c’è una sfilza impressionante di morti ammazzati.
Un bollettino di guerra: Benedetto Bonano (7 ottobre 1991), Antonino Bonanno (19 novembre 1991), Isidoro Carlino (17 febbraio 1992), Cosimo Bonanno (8 settembre 1993), Giuseppe Rondone (21 luglio 1991), Antonino Musso (4 luglio 1992), Salvatore La Rosa e Giovanni Spera (8 novembre 1992), Salvatore Migliore (18 agosto 1993), Filippo Casella (10 marzo 1994), Salvatore Costantino (19 marzo 1994), Salvatore Miccichè (13 aprile 1994), Salvatore Ciancimino (11 maggio 1994), Rosario Casella (19 maggio 1994), Gaetano Martorna (23 giugno 1994), Giuseppe Parisi (5 novembre 1994). Fino ai giorni nostri in cui le dichiarazioni di Greco hanno gettato luce sui nuovi equilibri del mandamento.
Accanto a Nino Spera ci sarebbe Pietro Calvo, scarcerato nel dicembre del 2006 e arrestato di nuovo nell’operazione Perseo insieme con altre 95 persone.
Ed è in questo contesto di fibrillazione che sarebbe maturato il delitto di Pietro Lo Bianco.
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