“Ho proposto al mio assistito di essere sentito dai magistrati per dare la sua versione di quanto successo nella villa di Altavilla Milicia. Gli ho detto che anche la compagna Sabrina Fina ha accettato di essere interrogata”.

È quanto ha riferito l’avvocato Marco Rocca, legale di Massimo Carandente, accusato insieme alla compagna e al muratore Giovanni Barreca del triplice omicidio della moglie di quest’ultimo Antonella Salamone e dei due figli Emanuel e Kevin di 16 e 5 anni. Della strage è accusata anche la figlia 17enne di Barreca.

“Oggi un legale che ho nominato per assistermi in questo caso andrà in carcere a sentire Massimo Carandente. Il mio assistito durante il colloquio di oggi mi ha chiesto notizie sulle condizioni della compagna. L’ho rassicurato e gli ho spiegato quale sarà la linea che intendo intraprendere per difenderli in questa vicenda che ancora presenta tanti punti oscuri – aggiunge l’avvocato Rocca – Attendo di conoscere gli esiti dell’indagine e gli esami dell’autopsia per iniziare a capire cosa sia davvero successo. Al momento abbiamo il racconto di Barreca e della figlia che si sono spesso contraddetti. Attendiamo i riscontri”.

La conversazione al telefono

Sabrina Fina e Massimo Carandente “stavano parlando al telefono mentre si verificava l’orribile tragedia nella villetta di Altavilla Milicia”. Questa sconvolgente rivelazione, se confermata da quanto dichiarato da Giovanni Barreca durante il suo colloquio con l’avvocato Giancarlo Barracato, potrebbe aprirsi a nuove e inquietanti prospettive sui delitti di Antonella Salamone e dei suoi figli Kevin ed Emanuel. Tuttavia, queste sono frammentate memorie, lampi di un delirio mistico in cui l’imbianchino, accusato dei crimini insieme alla figlia diciassettenne e ai due “fratelli di Dio”, è sprofondato da oltre un mese.

Le telefonate

“L’avvocato Barracato ha rivelato che ci sono stati brevi scambi di conversazione tra Massimo, Sabrina e Barreca, con alcune telefonate ricevute e altre effettuate da quest’ultimi”, ha dichiarato l’avvocato. L’analisi dei tabulati e dei telefoni degli indagati potrebbe svelare con chi hanno parlato e la natura di tali contatti, oltre alla loro posizione durante quei tragici giorni. Si ipotizza che Fina e Carandente facciano parte di un movimento più ampio, sfruttando la vulnerabilità sociale e psicologica delle persone per soggiogarle.

Gli adepti

Si suggerisce l’esistenza di una setta in cerca di adepti, che si scambiano messaggi vocali e sui social come veri fanatici, con l’obiettivo di “strappare anime a Satana”. Potrebbe anche esserci una rete di cellule isolate, ognuna guidata da un leader, che potrebbe aver consigliato i rituali, anche i più cruenti, durante la presunta liberazione dal demonio nella casa degli orrori. Gli investigatori continuano a cercare testimoni, vicini di casa e conoscenti, che potrebbero far luce su eventuali complici rimasti nell’ombra.

Un’altra pista importante riguarda i gruppi su Facebook e altre piattaforme, al fine di identificare persone che potrebbero aver avuto conoscenza dell’escalation di violenza nella casa.

Resta da chiarire cosa sia accaduto il 10 febbraio, con un vuoto di 12 ore nelle attività dei protagonisti. Barreca avrebbe accompagnato gli amici alla stazione di Altavilla Milicia a mezzogiorno, mentre le vittime erano già decedute, per poi consegnarsi ai carabinieri di Casteldaccia alle due di notte, lasciando la figlia sola nella sua stanza. Gli inquirenti stanno indagando se Barreca possa essere stato drogato per istigarlo a compiere il massacro, ma rimane ancora da chiarire dove si trovasse e cosa abbia fatto durante quel black-out di 12 ore.

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